volevamo essere tutte le spice girls

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guardate bene questa foto.
guardatene l’orrore.
le spice girls erano di un kitsch che offendevano persino l’etimologia della parola stessa, da quel tedesco teutonico che, come gli inglesi, non sono proprio fautori del buon gusto.
eppure ci piacevano un casino.
ci piacevano talmente tanto che anche le loro canzoni, canzonette usa e getta, oggi a riascoltarle ci piacciono ancora.
e riescono addirittura a scatenare l’effetto della nostalgia, di quel tempo nel quale avevi dieci anni in meno sulle spalle e i sogni non erano del tutto infranti. Continue reading

io, te e cinque dollari

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“Non ci serve altro.
Un paio di paglie, due caffè e un po’ di conversazione.”
È quello che dice Troy a Lelaina, passeggiando per consolarla dopo una litigata con l’amica Vickie e illustrandole il percorso da quanti lavori era stato licenziato.
Era il 1994 quando sugli schermi dei cinema indipendenti veniva proiettato quel gioiellino di Reality bites (per noi italiani “Giovani, carini e disoccupati“), prima regia di quel Ben Stiller che poi avrebbe avuto ben altro impatto nella cinematografia americana.
E oggi che sono passati vent’anni da allora, è uno di quei film che è cresciuto con noi e che, a riguardarlo per la milionesima volta, ricorda indelebilmente come eravamo e fa sospirare vedendo come siamo diventati. Continue reading

tiberio tein bota!

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lo abbiamo amato.
e lo amiamo ancora.
lo abbiamo calpestato e attraversato innumerevoli volte.
e continuiamo a farlo.
lo conosciamo da che abbiamo memoria.
e i nostri genitori e i nostri nonni e anche quelli prima, fino ad arrivare all’ultima radice dell’albero genealogico.
e oggi che compie 2000 anni, è ancora lì.
noi passiamo e lui ci guarderà farlo.
anche se non lo attraverseremo più, un giorno.
il ponte di tiberio a rimini ha la maggiore età, la cifra tonda invidiabile, e non li dimostra.
perché ci sostiene ancora.
e quando non lo viviamo andiamo a cercarlo.
e ci tuffiamo nella magia del borgo san giuliano.
dove, domenica 7 settembre, si è conclusa la diciannovesima edizione della festa del borgo, per tutti i riminesi la festa de borg.
la festa de borg ha la mia età: 38 anni. e si ripete una volta ogni due, la qual cosa rende questa festa di “quartiere” attesa e amata. Continue reading

i piccoli segreti del signor color crema

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da quando c’è masterchef sono tutti diventati cuochi, così come da quando c’è instagram tutti sono diventati fotografi.
ma c’è un minuzioso e se vogliamo superfluo (nel mondo di oggi) dettaglio di cui la stragrande maggioranza dimentica l’esistenza: il cuore.
se non si ha il cuore, si può essere i più bravi del mondo e si può avere anche successo, ma non si verrà mai ricordati come si spera di esserlo.
fare qualunque cosa con il cuore vuol dire farla per un’esigenza, un’esigenza che va oltre un compenso, un’esigenza che è necessità. bisogna farla. altrimenti non si ha pace.
il cucinare poi è cuore e sentimento all’ennesima potenza. che sia per i propri cari, che sia per una sala di cento persone, che sia per la mensa della caritas, cucinare DEVE essere fatto così. Continue reading

la rilettura: gli articoli di settembre 2014

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è venerdì 3 ottobre e il fine settimana si avvicina.
ora, se il tempo lo permette non sarebbe male fare una bella passeggiata o fare un giro o anche una pedalata rilassante e godersi gli ultimi raggi caldi di sole.
certo è che nell’immaginario collettivo, l’avvicinarsi del sabato e della domenica è la nuova illusione del pensare di avere tempo per leggere, come pensare di svegliarsi anche il sabato alle 7 per andare al mercato di pesce coperto. poi arriva domenica sera, il pesce non si è comprato perché si è preferito dormire, c’è la domenica sportiva e ci si rende conto che non si è letta nemmeno una riga e, che al contrario, il libro è ancora sul comodino a fare ragnatele.
a quel punto ci si affida al tempo: se fa brutto, cosa c’è di più bello del divano, di un tè caldo e di un libro e di un fumetto? Continue reading

perché gente come phillip seymour hoffman e robin williams si toglie di mezzo

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(un murales dedicato a robin williams in america)

perché non avete la più pallida idea di cosa significhi essere artisti.
perché non sapete cosa significhi svegliarsi al mattino e non avere la minima voglia di vivere e la minima voglia di alzarsi dal letto.
perché ci si sente talmente soli che quel silenzio interiore pieno di rumore non viene mai riempito.
perché agli occhi del mondo sembra di avere tutto, e magari lo si ha anche, materialmente, ma manca sempre qualcosa e, a volte, non si sa cosa.
perché ci sono momenti nei quali manca il respiro, ma manca forte, e il mondo ha una velina che non si riesce a togliere dagli occhi.
perché l’arte è diventata un compromesso e l’Arte non è mai un compromesso, è pura Arte. Continue reading

ardesia, pietra di lavagna

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fin da piccolini, entrando nelle aule scolastiche, guardavamo quel quadro nero come scenografia di una futura interrogazione dovendo scriverci sopra equazioni o declinazioni, avendo poco prima assistito alla cancellazione di disegni di arte moderna da parte dell’insegnante dopo il suono della campanella.
osservavamo le nostre linee sperando che quei nostri capolavori fossero in un qualche modo memorizzati nei cassetti della nostra memoria, per non dimenticare.
osservavamo i nostri scarabocchi sperando magicamente che ci fosse una memoria, qualunque essa fosse, la nostra, quella della lavagna stessa, quella della maestra, che durasse nel tempo. Continue reading

muri e numeri

ho imparato a camminare osservando ciò che avevo intorno e ascoltando il suono della natura durante il mio cammino di santiago.
quattro anni dopo da allora, cammino senza tenere la testa abbassata sul iphone, ma ben alta, curiosando a destra e a sinistra, in alto e in basso, persa nel mondo che vedo e che mi affascina.
sempre.
certo, capita anche che essendo così presa vada a sbattere contro un palo o inciampi, ma almeno ho negli occhi qualcosa di bello.
tipo. un giorno passeggiavo in paese e una serie di cartelli stradali catturò la mia attenzione. mi soffermai su quei cartelli appesi e cuciti a pali che sembravano essere stati posizionati senza una logica precisa, quasi a caso. eppure una logica dovevano averla, ma ce n’erano talmente tanti e ripetuti che mi domandai il perché dell’utilizzarli così spesso a sottolineare le regolarità o irregolarità del codice della strada.
così, mi inventai un gioco. Continue reading