Norvegia – Inghilterra 1 – 2

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“Ferretti, Molko e gli altri” è la mia Iliade divisa in tre capitoli – il secondo “l’incontro con Niccolò” e il terzo “Finalmente insieme” – che, un giorno, terminerò di disegnare e lo proporrò a un editore, forse. Racconta il calcio femminile di provincia, le vicende e i rapporti interpersonali delle ragazze, tra campi spelacchiati nelle zone industriali delle colline riminesi e vite che si incontrano e si incrociano.Sara, una delle protagoniste, numero 8 della Virtus, già nella seconda pagina vola atterrata da un intervento suicida di una centrocampista della Stella sulla trequarti, mentre Simona, la sorella, Bea e Ale osservano oltre la rete la partita. Cate e Nice hanno un matrimonio dal quale sganciarsi e sono in ritardo. Non vedono il fallo; non vedono lo sguardo killer di Eli, il portiere della Virtus e compagna di Ale, a Bea; non vedono Eli che si avvicina alla rete per informare le ragazze sulle condizioni di Sara; non vedono l’1 – 1 finale. Niccolò, infatuato di Sara, arriva sempre dopo il fischio d’inizio e se ne va prima della fine per non farsi scorgere tra gli spettatori da lei.

Inizia così “Ferretti, Molko e gli altri”, con una partita di calcio femminile, in una domenica grigia dal freddo pungente su un campo brullo e fangoso di un quartiere dimenticato della Rimini dei miei ricordi liceali. Non so perché non ho scelto un cielo azzurro e un sole fievole invece di un cielo greve, ma me lo sono immaginato così fin dalla prima riga tracciata sul foglio.
Ale ha conosciuto Eli in campo, tanti anni prima, in uno scontro di gioco quando anche lei era una giocatrice e ora, che segue solo Eli a difendere la porta della Virtus, tiene nella vetrinetta del salotto della casa in cui convive con Eli le sue Adidas Predator, Kaiser e World Cup al posto di teiere e tazzine da caffè.
Norvegia – Inghilterra sarebbe una di quelle partite per cui Ale accenderebbe la televisione costringendo Eli, in realtà consenziente e curiosa, a vederla.
Norvegia – Inghilterra sarebbe una di quelle partite che non hanno nulla di storico o indicativo ma che, in un qualche modo, colloca in uno spazio temporale preciso la vita delle mie ragazze.
Norvegia – Inghilterra, nell’anno domini 2015, viene disputata in una giornata di sole a Ottawa alle 23 italiane. È un lunedì, lunedì 22 giugno, e l’Inghilterra è arrivata seconda nel girone risvegliandosi dopo la sconfitta dell’esordio con la Francia e vincendo con Messico e Colombia.
La Norvegia ha avuto un cammino diverso nel senso di aspettative, vincendo con la Thailandia e Costa d’Avorio e pareggiando miracolosamente con una Germania assatanata.
È una di quelle partite che si guardano senza simpatizzare per nessuna delle due compagini, con quello stato d’animo da semplice astante scevro di palpitazioni e rischio di infarti nell’assistere alla tua squadra del cuore che non riesce a segnare o, peggio, sta perdendo.
Come per il Brasile, si è inconsciamente influenzati dalla storia della Norvegia e non ci si aspetta che possa uscire così, subito, contro un’Inghilterra che ancora deve capire la sua anima.
Come per il Brasile, la partita si accende nel secondo tempo e se prima segna la Norvegia su azione da calcio d’angolo – e aiuto della Goal Line Technology -, ribatte l’Inghilterra sempre su azione da calcio d’angolo con un colpo di testa angolato di Stephanie Houghton, capitano e volto più conosciuto delle inglesi.

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Quando poi, su una gran mina nel sette da fuori di Lucy Bronze, Hjelmseth la devia appena e il boato del pubblico suggella festante la rete, la Norvegia che ha sempre abituato ad arrivare puntualmente almeno tra le prime otto, esce dal Mondiale, nel secondo risultato sorprendente dei sedicesimi di finale – perché il primo è il clamoroso 0 – 1 tra Brasile e Australia.
Se avessi dovuto scriverla io questa storia e inventarmi un risultato, probabilmente Eli si sarebbe addormentata sul divano prima della fine e Ale, svegliandola sussurrando “Andiamo a dormire amore?”, le avrebbe raccontato la partita solo la mattina dopo con il caffè caldo nella moka. E se l’avessi davvero scritta io questa storia e inventarmi il risultato, banalmente, avrei fatto vincere la Norvegia.
O forse no. Forse avrei lasciato l’Inghilterra vincente, perché mi piacciono le favole a lieto fine.

Sotto, la delusione a fine partita delle norvegesi.

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(le foto sono schifosamente mie)

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