Il pubblico sugli spalti al Moncton Stadium il 9 giugno…
A Moncton le nuvole arrivano velocemente a oscurare il cielo aiutate da un vento tagliente e obliquo. Non è proprio il tempo con cui hai voglia di uscire, al contrario, fosse di domenica divano e tè caldo non te lo toglie nessuno.
Chissà se una delle ragazze francesi ha avuto un momento durante il riscaldamento che ha osservato il cielo grigio pensando che almeno non avesse piovuto, sarebbe stato meglio. Magari Eloide Thomis che, dietro quella scorza da dura, forse ha una sua sensibilità, o Laure Boulleau, anche se a Clermont – Ferrand dov’è nata il tempo spesso si presenta così. Ma si stanno giovando un Mondiale e non c’è proprio interesse nel pensare al tempo. Alle inglesi sicuramente non è passato nemmeno nell’anticamera del cervello un pensiero simile, abituate come sono al grigiore unico e piovoso della loro isola. Ma probabilmente no, nessuna delle giocatrici si è lasciata deconcentrare da pensieri filosofici e scaramantici. In fondo, il tempo non era bello nemmeno all’esordio contro il Portogallo, partita vinta anch’essa per 1 – 0 e sempre con una rete di Eugenie La Sommer. Ma almeno non pioveva.
I francesi che da casa salutano la prima apparizione delle ragazze hanno quel fermento della serie io c’ero in modo che il profilo twitter della FFF (l’acronimo di French Football Federacion) ritwitti questo e questo qui sotto. Che è anche ammirevole per quanto anche in Francia il calcio femminile abbia problemi di pubblico ed economici, come ovunque e come ovunque con una lotta che purtroppo troppo spesso esce dal rettangolo verde.
Alcuni esempi di tweet per incitare le Bleues
Nel vento e nel grigiore di Moncton, la temperatura segna 20 gradi. Ma le ragazze non sentono. Non sentono nulla, solo la loro concentrazione nell’entrare in campo.
La Francia si schiera con il solito 4 – 4 – 2, nella formazione tipo con Wendie Renard, il capitano, colonna della retroguardia, Louisa Necib nel mezzo a illuminare il gioco con i suoi tocchi da bava alla bocca ed Eugene Le Sommer là davanti a sbrogliare le situazioni complicate. Più certo, le altre: Laure Boulleau con gli scarpini della Nike arancioni, Eloide Thomis con le sue accelerate laterali, Camille Abily e la sua quantità.
Wendie Renard e la sua concentrazione e il ritorno ai capelli leonini chiusi in una coda dopo una stagione di treccine.
Lo sguardo di Louisa Necib prima di battere un calcio di punizione
E lo sbuffo della Eloide Thomis per un pallone irrangiugibile scivolato oltre la linea di fondo
L’Inghilterra invece gioca con un 3 – 5 – 2 disordinato; o meglio, tatticamente tengono bene il campo, le posizioni sono in linea ma sembrano un ibrido: ragazze messe insieme senza anima. Non c’è mai la sensazione che le inglesi abbiano un’idea di gioco anche perché la Francia non permette mai loro di esprimerlo. Non sai se giocano in velocità o costruiscono la manovra e appaiono perse e con quelle rare incursioni dalle parti di Renard e di Georges più a una casualità che a una vera intenzionalità.
Il calcio francese e quello inglese per altro sono intesi diversamente. Le Bleues sono composte principalmente da giocatrici provenienti dal Olimpyque Lione e dal PSG, le squadre più ricche (dopo di loro in campionato c’è l’abisso e le altre sembrano compagini parrocchiali), mentre l’Inghilterra pesca le migliori da un campionato che solo in tempi non sospetti si avvale di investimenti mirati ma restii a incrementarne la crescita, della serie quel tanto che basta per non sfigurare in Europa. Non è un caso che, oggi, possa sembrare diverso, ma appena dieci anni fa Jess e Jules in Sognando Beckham preferivano espatriare al Santa Clara (università americana dalla lunga tradizione nel calcio femminile) piuttosto che rimanere nel pantano paesano. Non è un caso che, oggi, nel campionato inglese le squadre con abbastanza soldi siano quelle tipo Chelsea, Manchester City e Arsenal i cui corrispettivi maschili non mi sembrano proprio di proprietà inglese mentre Liverpool e Birmingham City rispecchiano lievemente una tradizione che però fatica a imporsi. È comunque un calcio rispettato: risultati pochi (è stata campione in Mondiali non ufficiali per ben due volte nel 1985 e nel 1988) e la sua figura l’ha sempre fatta, ciò non toglie che per quanto secondo la FIFA sia 6a nel ranking mondiale, all’Algarve Cup per esempio è stata invitata solo due volte in vent’anni di edizioni, il che qualche domanda spontanea di come stia effettivamente il calcio femminile inglese ce la si pone.
Il campo sintetico con la pioggia si fa ancora più duro e pesante e la palla assume rimbalzi strani, ma cambia poco.
La Nazionale francese si conosce così bene che gioca a memoria e le ragazze stesse si ritrovano come giocassero sempre insieme.
La Francia parte bene; quando riesce ad avere il controllo della gara costruisce e non si lascia sopraffare dall’avversario e le inglesi reggono in difesa praticamente per tutta la partita. I terzini inglesi poi sulla sinistra contengono le volate di Boulleau quando non è Necib e Claire Rafferty, sulla destra, ammattisce a stare dietro a Thomis. D’altro canto, un bel duello sarebbe quello tra Wendy Renard, capitano delle francesi che per l’occasione scioglie le treccine ai capelli che portava da un paio d’anni e torna alla criniera incontenibile degli inizi, con Eniola Aluko, ma i palloni giocabili per l’attaccante dell’Inghilterra si riducono a pochi illuminati passaggi che si spengono nei contrasti con la numero 2 francese.
Al 29simo la svolta: da fuori area, dal nulla e inaspettatamente, Eugenie Le Sommer tira fuori un coniglio dal cilindro e ti fa vincere la partita. Le Sommer tira una mina dal niente che non ci credi nemmeno quando entra e, da quel momento in poi, rimane un pericolo costante per la difesa inglese: quando tocca palla c’è da avere paura che non inventi qualcos’altro per darti il colpo di grazia.
La rete della Le Sommer: una tega angolata e fulminea
E infatti ogni volta che la numero 9 francese si impossessa del pallone i volti delle inglesi si tingono di puro terrore e la francese, nel suo fisico tamugno e muscoloso, ci prova anche a sparare qualche altra mina che solo per imprecisione non trafigge le bianche.
Un paio di metodi inglesi per rendere Le Sommer inoffensiva: buttarla a terra.
Continua a piovere quando l’arbitro decreta la fine della partita; il fischio si confonde con l’esultanza delle francesi e l’amarezza delle inglesi, totalmente incapaci di reagire. Piove ancora, ma a quel punto non importa nemmeno più che il campo sia talmente pregno d’acqua da essere inutilizzabile.
(le foto sono tutte schifosamente mie)