Tre film i cui personaggi hanno la mia stessa età anche nei sequel

ti sono piaciuti così tanto che ti ricordi esattamente in quali cinema (cinema che peraltro non esistono più) della tua città li hai visti per la prima volta.
ti sono piaciuti così tanto che hai aspettato l’uscita del dvd per comprarlo e rivederlo.
ti sono piaciuti così tanto perché raccontavano di personaggi che avevano la tua stessa età e sono un po’ cresciuti con te.
poi, dieci anni dopo, anno più anno meno, sono arrivati loro. i sequel.
di norma, i sequel nascono sulla scia del boom, sperato o insperato che sia (un mistero prevederlo, il successo) di un film o di un libro o anche di un fumetto e, di norma, escono in un tempo relativamente breve per affossare il bel ricordo che quella primissima visione aveva lasciato.
del perché alcuni sequel escano a prescindere da questo boom, e per di più dieci anni dopo, io la ragiono semplicemente così. è perché sono, in questo caso, film indipendenti che con il tempo sono diventati “cult”, ma che rimangono indipendenti, come allora, e rimangono opere dell’artista ed è solo una necessità dell’artista stesso (attore, regista o sceneggiatore che sia) riprendere i personaggi e ridare loro nuova vita. può essere che siano rimasti dentro, può essere che si abbia bisogno di “completarli” per chiudere definitivamente con loro, può essere che li si è amati così tanto che bisogna chiudere il cerchio, per poi lasciarli finalmente andare.
per chi non scrive, per chi non ha quella mente che viaggia oltre qualunque cosa, per chi osserva il mondo e ne ascolta ogni più piccolo dettaglio avendo ispirazione anche solo dalle prime foglie bagnate nel momento in cui inizia a piovere, forse è difficile capire questa esigenza. e non per discriminazione, ma perché si è fatti l’uno in modo diverso dall’altro. e va bene così.
al tempo stesso, per gli artisti esistono queste necessità.
tre film dunque che io, io in questo caso, ho amato personalmente e di cui anche i sequel mi hanno riempito il cuore.
cioè, solo i primi due lo sono, il terzo è un episodio a parte ma che rispecchia comunque qualcosa. e poi stava brutto non mettere un film italiano, per una volta.

20090822002218!Prima_dell'alba

prima dell’alba“, 1995 – “before sunset, prima del tramonto”, 2004

quando uscì “prima dell’alba” avevo appena diciannove anni. e lo proiettarono al fulgor.
oggi il fulgor non esiste più. era IL cinema dell'”amarcord” felliniano, quello che si intravede nella piazza. peccato che anche riprendendo piazza tre martiri, fellini avesse ricostruito la sua rimini a cinecittà e messo insieme luoghi davvero esistenti ma che, nella realtà, erano ubicati diversamente nella rimini della mia infanzia.
ethan hawke era uno dei volti nuovi del cinema indipendente americano e l’anno prima te ne eri innamorata in “giovani carini e disoccupati” e il suo look grunge con le magliettine scucite, la barbetta sopportabile e i capelli appiccicati alla testa te lo facevano eleggere tra gli attori più belli della sua generazione, non foss’altro perché di caprio sarebbe esploso di lì a pochi anni dopo e comunque, anche se lo conoscevi, ti sembrava ancora troppo ragazzino sbarbato.
julie delpy anche, in quella francia dalla quale non arriva poi molto a livello indipendente a meno che non si abbia una passione per il cinema e la si approfondisca. io la conoscevo perché aveva girato la trilogia dei film di kieslowski e perché, se eri uno dei primi amanti del cinema di tarantino, non potevi non sapere chi era roger avary e non poteva esserti sfuggito il suo “killing zoe”.
richard linklater invece era il regista che non conoscevi e ti sembrava una buona occasione per conoscerlo.
jesse e celine, i protagonisti interpretati dai due di cui sopra, avevano a grandi linee la tua età, le tue stesse ambizioni e le tue stesse domande, le tue stesse masturbazioni mentali sulla vita e la tua stessa voglia di essere “diversa” nel mondo. e poi, si conoscono come hai sempre sognato tu, con un colpo di fulmine. in un viaggio (interail) in treno e scelgono vienna tra le tante città europee del tragitto (e frequenti un ragazzo che ci era appena stato in gita scolastica e ti suggeriva che sì, riconosceva tutti gli scorci della città e un po’ l’hai odiato, ripromettendoti di andarci, un giorno, a vienna. per i fatti tuoi).
e il film inizia con questa lunga scena in treno e parlano e parlano, ammazzando il tempo prima del volo del ritorno di lui in america perdendosi per vienna, e parlano, e fanno cose, aperitivi, incontri, passeggiate, e si conoscono come non ti conosce la tua migliore amica.
e ti finisce che si danno un appuntamento sei mesi dopo e non sai nemmeno se hanno fatto l’amore qualche sequenza prima e sicuramente non saprai mai se si rivedranno.
talmente particolare e umano e nel quale ti rivedi come non mai che ti piace subito e da subito ti entra nel cuore.
che meraviglia…un film che è uno spaccato di vita, che racconta tutto e niente, che è a portata di mano e potrebbe succedere a te, e che quando ti volti a guardarti indietro, qualcosa di prezioso lo hai vissuto anche tu, a modo tuo, ma come loro.
ti finisce così, come la vita, nella quale non sai in realtà cosa farai domani. con quell’enorme punto interrogativo che ti appare spesso quando pensi se stai facendo bene, se hai fatto le scelte giuste e se non hai sbagliato invece da qualche parte.
passano gli anni, compri il dvd e te lo riguardi. tu cresci e non hai più la loro età e ti rispecchi come non mai nella frase di celine al cimitero che dice “io ho dieci anni più di lei e lei ha ancora tredici anni”.
e poi, inaspettatamente, arriva il sequel, “before sunset”, e te li ritrovi ancora, jesse e celine, e hanno la tua età di adesso ed è come ritrovare degli amici che non vedevi da dieci anni. e come te, non hanno più la faccetta tonda da ventenni ma qualche ruga in più, tirati, cresciuti. come te.
e continuano a parlare, si raccontano qualunque cosa, fumano e bevono caffè come te e girano per parigi come è capitato anche a te. e parlano delle loro ambizioni perdute e di quello che sono diventati e delle differenze da allora. e finalmente scopri se si sono rivisti e scopri se hanno fatto l’amore. e poi, finisce che bevono un tè nell’appartamento di lei e si fa talmente tardi che lui perde l’aereo. e finisce così. ma adesso sai che rimarranno insieme per sempre.
certo, ti domandi se gli attori si sono odiati come nel primo film, perché faceva così caldo che era snervante lavorare in quelle condizioni e contemporaneamente sembrare freschi come delle rose e ti domandi se, invece, erano sinceramente contenti di tornare a recitare insieme come quando si rivedono fuori dalla libreria all’inizio del sequel.
ma questi due film ti sono piaciuti, tanto, sia il primo sia il secondo. e quasi non sai scegliere quale di più, tant’è che quando riprendi quei dvd impolverati, immancabilmente, ti vedi il primo e carichi subito il secondo, come qualcosa che non può esistere da solo.
e poi, non hai più domande e, a modo tuo, come il regista, hai chiuso il cerchio, e continui la tua vita come fanno loro, salutandoli con quel “dì arrivederci”, “ciao” che ti è rimasto dentro.
se non fosse che, altri dieci anni dopo, esce “before midnight” e ti chiedi perché. naturalmente lo guarderai, naturalmente ti piacerà, naturalmente comprerai il dvd qualora li vendano ancora e faticherai a trovarlo, ma la domanda ti ronza in testa nonostante le trilogie ti piacciano da impazzire: era davvero necessario?

Clerks

clerks“, 1994 – “clerks 2“, 2006

il primo clerks l’ho visto solo in videocassetta, anzi ne comprai l’originale, ma nei miei ricordi è uno di quei film che mi porto dentro dai tempi di milano. perché ne parlavamo con i ragazzi alla scuola del fumetto, perché kevin smith sarebbe diventato uno dei nostri registi tra i più amati e i più seguiti, perché nelle conversazioni “guerre stellari” era un’unita di misura su ciò che accadeva nella realtà. e perché quel bianco e nero sfocato e sgranato faceva tanto amatoriale come i fumetti che volevano fare allora.
e perché quella provincia americana é così sua, ma anche nostra e non così differente dal provincialismo dell’andare al solito bar a leggere la gazzetta o nel solito supermercato, tipo. molto americano ma molto simile a ciò che si viveva. e, come al solito, con quelle speranze e illusioni e aspettative che speravi non venissero deluse.
del film, chi lo ha visto, sa che è indimenticabile, dalle battute memorabili alle situazioni assurde e con quei jay & silent bob che non avresti più dimenticato, arrivando anche a comprarne il fumetto in inglese pur di averlo e poi è arrivata “macchia nera” che te lo ha tradotto e, nella tua libreria, hai anche quel bel volume.
passa il tempo, come sopra, e rimane uno dei film che fanno parte della tua crescita personale.
e poi, sorprendentemente, arriva il sequel.
randal e dante sono cresciuti e le loro aspettative deluse e il quickstop, andando in fumo, li lascia senza quel lavoro che avrebbe dovuto essere “quel” lavoro di passaggio prima di trovare qualcosa di meglio e che, come succede nella vita, dieci anni dopo, si è ancora fermi lì.
il colore è il nuovo elemento rispetto al primo, evidentemente per una mera questione di soldini, e i nuovi personaggi, dalla bellissima rosario dawson al nerd amante del “signore degli anelli”, sono azzeccatissimi e in linea.
tra le tante, questa scena è il top per me, quella di “guerre stellari” vs “il signore degli anelli”. il film si guarda molto bene e l’intervento da musical è il lampo di genio di un regista il cui mondo è talmente simile al tuo che ti sembra di conoscerlo davvero.
e come per i “prima di”, anche i due “clerks” chiudono il cerchio e a sceneggiatura circolare iniziano dove sono finiti, cioè al quickstop, dove dante, nel suo eterno lamento del cambio di vita che desidera, si dà pace e randal con lui, in un posto che per lui è casa.
quasi che gli vuoi bene a questi personaggi e ti fa anche piacere che la loro esistenza abbia trovato un senso, certo, grazie a quel sciroccato di jay, ma la verità ti arriva come un pugno nello stomaco quando meno te lo aspetti e, soprattutto, da chi non ti aspetti.

Lultimo-bacio-02

l’ultimo bacio“, 2001 – “baciami ancora“, 2010

essendo solo i primi quattro film quelli che per me meritano davvero, includere questi è più per la logica ferrea del tre come numero perfetto che, in questo caso però, annulla quasi tutto il resto.
la prima volta che vidi “l’ultimo bacio” onestamente non mi sconvolse. mi sconvolse di più il successo che ebbe e i titoloni di un cinema italiano che si stava riprendendo. non credo fosse nemmeno difficile fare un film come questo. ci voleva tanto? in america lo facevano da milioni di anni, avere una sceneggiatura buona e metterci intorno buoni attori, possibilmente bellocci, e muovere il tutto. che gabriele muccino poi abbia una sua personalità stilistica è quel più che fa bene, anche se la sua linea è sempre quella: ti mette insieme diverse situazioni, le orchestra fino a che non scoppiano e poi si riappianano. c’è sempre un botto verso tre quarti del film nel quale i personaggi corrono ancora di più, per risolvere un epilogo non sempre facile.
e che abbia raccolto i migliori attori di una generazione a cavallo dei trenta era anche ora che lo facesse qualcuno.
ne hanno dette di ogni, dall’investigare gli eterni peter pan, alle crisi matrimoniali, alle bla bla bla. è semplicemente un film italiano che rispecchia quello che erano i trentenni dieci anni fa e che poi lui abbia una cotta per una diciottenne e ritorni dalla moglie incinta con annessi e connessi, be’, è l’Italia marcia nella quale viviamo, quella dei voltagabbana e dei vigliacchi.
ricordo che le amiche dell’epoca discussero molto sul ritorno di lui, forse perché era un problema loro che se li facevano scappare tutti e il loro ritorno significava una rivalsa sull’abbandono appena vissuto, facendo passare le pene dell’inferno a quei poveri imbecilli. e il loro, come giovanna (la mezzogiorno nel film), rimanere fedeli alle loro idee e ideali e al tipo potere femminile.
io sottolineai che giovanna non era poi tanto diversa da lui, non foss’altro per quel sorrisino al big jim che incrocia correndo alla fine del film e che fa pensare a molto di più che non una semplice donnetta rimessasi in forma dopo la gravidanza e che si inorgoglisce per un’occhiata da parte di un omino, ma che anzi, il dubbio te lo insinua eccome se rimarrà fedele al marito o meno.
buon film italiano, il che è sempre un bene, e con una colonna sonora pescata finalmente in italia, da quella carmen consoli che diventerà poi la cantantessa con quel “l’ultimo bacio” ispirata a modugno. più italiano di così…
il sequel “baciami ancora” riprende invece il titolo di un’altra canzone italiana, quella del buon jovanotti, che all’epoca ne sfornava una ogni stagione e tutte belle.
il sequel ha davvero poco da ricordare e giustamente la mezzogiorno non vi partecipa perché non ritiene che il primo film abbia bisogno di un seguito, mentre la martina stella rimane offesa per le discussioni avvenute sul set del primo film e ciao al secondo.
ritroviamo gli stessi personaggi che però si avvicinano ai quaranta e con gli errori del passato che si cerca di risolvere in questo film e poi, non lo so, non me lo ricordo, ma importa poco. tanto è sempre la stessa minestra con l’aggiunta anche dell’amico morto che bisogna piangere e che dovrebbe far commuovere. non faceva prima a suicidarsi nel primo film che tanto quello era già allora?
ma tant’è.
anche perché, nel frattempo, nel cinema italiano si era davvero fatta una piccola rivoluzione, dai vari ozpetek all’intramontabile verdone alle commedie piccole piccole che quando le scopri dici sorpreso: fa te, sono italiane! eccetera eccetera.

ecco.
chissà poi quante altre pellicole ci sono.
ma provate anche voi, bambini di tutto il mondo, a pensare a quei film che sono cresciuti con voi, dieci anni dopo dalla loro prima uscita e il cui sequel, come allora, è lo specchio di ciò che siete (siamo) diventati.

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