Una vignetta da “Il Giorno Più Bello”, Eva che sgama Vanessa in una delle sue tante bugie, una domenica di campionato a maggio nel primo caldo della stagione a Numana, e un addio. Con eterni ringraziamenti, perché da “Il Giorno Più Bello” è nato il mio nuovo fumetto “Volevamo Essere Le Spice Girls”.
E poi.
Secondo trasloco in quattro anni.
Tra agosto e settembre ho rimesso mano alla mia vita, l’ho chiusa nei cartoni e l’ho spostata di nuovo.
Ma spostare significa trovare.
In questi casi, ritrovare: se stessi, i propri sogni, la propria infanzia, e farne un punto su chi e cosa sono diventata.
Trasloco 06.
Ho iniziato a metterti via.
Non metterti via nel senso di dimenticarti, oh santo cielo no.
L’ho sempre detto e l’ho dirò sempre: senza di te non avrei trovato la consapevolezza, la forza e il coraggio di buttarmi su “Volevamo Essere Le Spice Girls”.
Lo sai, sei stato il mio fumetto spartiacque.
Non sono nemmeno mai stata una così incline ai cambiamenti, anzi, credo che buona parte della mia malinconia sia dovuta al tempo che scorre e a ciò che passa e io che non riesco a fermare questa ineluttabilità, è carattere purtroppo o per fortuna, e ora, spostare gli originali e accamparli momentaneamente da una stanza all’altra, mi destabilizza, perdo i riferimenti del mio disordine ordinato, e non ho la certezza di conservarli in quella bolla di protezione che ti ho dato e che è solo nella mia testa.
Ho paura che vi roviniate, e ho paura che si smarrisca qualcosa: ti immagini Vane che perde le chiavi di casa di Eva? Tanto la perdona uguale, mi rispondi tu, giustamente.
Ti sto mettendo via, in un nuovo ambiente (perché la libreria rimane quella, non provarci), un nuovo colore di fronte – un 146 da paletta cromatica di malta naturale traspirante -, la foto di van Basten (scordatela, non la tolgo) ci sarà sempre, e il resto verrà da se, con il suo giusto tempo.
Ho avuto un rapporto strano con te, e con Vane, Gio, Tina e gli altri: forse ero leggermente più sicura, forse sapevo di giocare in casa, forse una maturità inconscia, non so.
Ragazze, vi ho dipinto ma non è stato come con Emi e Manu, o Caterina e Rebecca. Di entrambi i fumetti precedenti ho avuto bisogno di “spurgare”, di disegnare i ragazzi di nuovo nel “dopo”, come se avessi ancora qualcosa da far dire loro. Con voi no, e non vi ho voluto meno bene, anzi, vi ho dettagliato molto di più, vi ho dato una personalità precisa e persino un gusto preciso nel vestire. Forse per me siete rimaste al mare, in Puglia, a sorridere e a rimediare il meglio possibile alle vostre vite sentimentali (“ma che sei matta a fare una storia sugli amori che iniziano zoppi ma che imparano a camminare?” ho ancora negli occhi il tweet di NicoZ su di voi), a ballare ancora la pizzica sotto un cielo coperto di stelle, forse. O forse è solo settembre, con la sua nostalgia di un’estate stramba, vissuta pochissimo come tale.
Vi chiedo scusa, avrei dovuto amarvi. Di più, e non solo volervi bene?
Sì, è una domanda perché a me non sembra di non avervi amato, anche perché, insomma, vi ho pure mandato in Puglia tre volte in 140 pagine, se non è amore questo…
Ora siete in giro, il fumetto è ancora in molte librerie e a Jesi persino in vetrina, e voi, ragazze, libere, oltre i confini che vi ho dato.
Però sì, Emma a stronzaggine non passa nemmeno dal via, mica come Vane, che almeno è redenta, alla fine.
Sì, vi sto chiudendo in un bellissimo cassetto del mio cuore, e vi chiedo scusa.
Persino la foto con cui mi risponde Eva è legata a una giornata di mare, a Numana, del primo caldo a maggio, e dietro, lo stesso Adriatico che bagna la Puglia, quasi ad anticipare queste scuse in uno scatto conservato e mai usato, proprio quella vignetta, proprio quella risposta ad altrettante scuse, in un incastro perfetto di casualità e causalità.
Però Eva, anche il sopracciglio alzato, dai no.