l’arte intorno

all’inizio erano i disegni dei personaggi creati che venivano stampati sulle magliette a decretarne il successo. per poi magari recuperarne anche il fumetto. spille, segnalibri, calendari, strisce sulle varie smemoranda erano un altro mondo ancora.
chi arrivava ad avere una notorietà negli anni intorno al 2005 era una notorietà “conquistata”; i canali erano diversi, spesso si passava da gallerie e sembrava quasi più meritato e ammirevole l’essere arrivati “lassù”.
sembrava.
erano appena nove anni fa, eppure facebook non esisteva e twitter nemmeno; il web e internet c’erano, ma la loro fruizione era a piccoli passi, tipico di chi impara a camminare su un terreno sconosciuto che alla fine si conosce sempre meglio. non tutti avevano un blog, in quegli anni, e non esistevano gli smartphone che ci sono ora: era la classica epoca del “trapasso”, quella prima di quel qualcosa che sarebbe diventata la scontata quotidianità.
oggi è impensabile essere in un luogo e non avere la wi-fi, essere “disconnessi” dal mondo e non condividere qualunque cosa. invece, ripeto, appena nove anni fa, era questa la normalità (e l’avere ancora un numero di telefono fisso da dare insieme a quello del cellulare) e se capitava la ricerca su un fumetto o su un film c’erano le riviste specializzate.
confesso che riviste come “corto maltese” e – l’ultimo che ho amato – “animals” mi mancano da matti e li hanno sostituiti i webcomics; della serie, la stessa cosa (storie brevi tipo) su un dispositivo “nuovo”. e la cosa sta funzionando tra l’altro, a dimostrazione di quanto il fumetto sia malleabile e duttile come arte.
e sembrava che l’arte la si dovesse inseguire ma era già intorno a noi. solo che non lo sapevamo a meno che non fosse oggetto di un’approfondita ricerca o che avesse un tale successo che non si poteva non conoscere.
il fenomeno delle magliette di “blue and joy (e sì, anche “tokidoki“) sono l’esempio di arte che addirittura si veste ma della quale non si sa nulla.
era la fine del 2005, “tokidoki” era già esploso ma fuori dall’italia e il caso “ugg” (gli stivali – boots – di pelo usati sulle spiagge australiane) è eloquente su quanto tempo ci volesse, nell’era pre social network, per far arrivare qualunque cosa dall’altra parte del mondo.

originariamente, i boots “ugg” sono stati creati dal un surfista australiano, shane stedman, per scaldare i piedi dopo aver surfato nelle fredde acque dell’oceano. registrò il marchio “ugh – boots” nel 1971 e il solo “ugh” nel 1982. ma fu un altro surfista australiano, brian smith, ad avviare la società di calzature “ugg” nel 1978. fino agli anni 2000 era uno stivale circoscritto alla sola australia e usato prevalentemente dai surfisti del posto se non che oprah winfrey li citò nel suo programma e, piano piano, tutte le attrici di hollywood se li ritrovarono ai piedi calzandoli persino nei film da loro interpretati (jennifer aniston in “…e alla fine arriva polly” e ne avevo già scritto qui). in italia la moda degli “ugg” esplode qualche anno dopo fino ad arrivare nel 2010 a essere venduti oltre i 200 euro nei negozi.
“tokidoki” nasce ufficialmente nel 2003 dall’unione di pooneh mohajer e ivan arnold, ma è l’artista simone legno (che a sua volta entrerà nella società) che ne disegna i personaggi avendo al tempo anche un ottimo portfolio, un interessante sito e già molte mostre al suo attivo. il vero boom di “tokidoki” è qualche anno dopo che io ricordi, non fosse per il fatto che nel centro commerciale “le befane” si aprì un negozio, il “combo”, che era anche il rivenditore ufficiale “tokidoki” della zona.
erano gli anni del video “coffee&tv” dei blur e le magliettine con i cartoni del latte con gli occhioni e il sorriso stavano spopolando e aggiungere le donnine giapponesi tatuate e sensuali era quasi il meno.
io, onestamente, facevo una gran confusione, per me erano più o meno tutte uguali, ciò non toglie che “blue and joy” furono altri personaggi che si sommarono a questi.
ma loro erano diversi.
forse perché avevano un cuore e una personalità che altri non avevano.
le idee nacquero insieme: furono fumetti, brand, protagonisti di tele, installazioni quasi allo stesso tempo. la stessa etichetta delle magliette è un mini fumetto che io non ho mai avuto il coraggio di tagliare.

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e “blue and joy” furono il brand originario del duo fabio la fauci e daniele sigalot che aprirono il loro studio a berlino, chiamato “la pizzeria” e che, a tutt’oggi, felicemente per me, continuano a lavorare e a esistere.
io trovai le magliette in uno dei negozi dei fratelli faneschi a rimini. per i riminesi, i negozi dei fratelli faneschi sono un istituzione: figli dell’originario faneschi padre che aprì il negozio di calzature che ancora oggi si trova in via gambalunga, quasi di fronte alla biblioteca e alla “galleria dell’immagine”, il più grande rilevò questo e i due gemelli aprirono il “city-tank” (uno in via mentana, l’altro, il “tank” estivo, in viale vespucci) abbinando calzature sportive e abbigliamento. mi sembra di ricordare che ci sia un quarto fratello, ma non ne sono sicura. so però che, in quegli anni, aprirono un vallo di negozi, compreso l’out-let e un altro sulla falsariga entrambi sotto il palazzo fabbri dal lato dei giardini ferrari.
io comprai le magliette di “blue and joy” in uno di questi e mi regalarono anche il fumetto “easy dreamers” che, nel frattempo, era uscito.

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“blue and joy” sono due pupazzetti di pezza bianchi; il primo ha un occhietto a x e una lacrima gialla pronta a scendere nell’altro oltre a un cuore spezzato, il secondo ha un sorriso stampato in faccia e sembra felicissimo. ma, come scrivono nelle cartoline promozionali e nelle presentazioni dei personaggi “l’apparenza inganna”: infatti se blue nonostante sia sempre triste viene amato e abbracciato da tutti, joy è quello più infelice perché nessuno vuole giocare con lui oltre a non avere un cuore. e le magliette erano, sono, ancora bellissime.
oggi in pochissimo le conoscono o le hanno, ma io le ricordo con affetto e le indosso ancora.

e se l’arte può essere stampata sulle magliette, l'”hemingway cafè” ne usa gli originali sui menù.
in piazza delle monachette a jesi, scendendo le scale che da uno dei corsi porta a quel meraviglioso balcone che apre una panoramica sulle colline marchigiane da togliere il fiato, il cafè arreda le scale con cuscini e tavolini bassi, con botti e sgabelli.

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arteintorno_foto-1i menù che vengono portati sono autentiche cornici di opere originali che, come mi ha spiegato il proprietario, è un’iniziativa per divulgare la cultura in altri ambiti. “l’arte intorno” insomma.
girando pagina del menù, dietro l’originale, c’è la spiegazione del progetto.
per altro, nota da non sottovalutare, all'”hemingway cafè” si beve bene.
se si chiede un generico verdicchio in bottiglia (come abbiamo fatto noi quella sera) ti portano “le vele” della cantina moncaro e, se si chiede una birra alla spina, ti portano la “menabrea”. e ho detto tutto.

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e quando non si trova l’arte sui menù, la si trova sulle pareti delle gelaterie “gustolato” in istria.
mando in missione l’amico christian zanzani (per motivi di vita ci ritroviamo spesso in croazia, almeno una volta all’anno, ma quest’anno ci sono stata per pasqua e quest’estate sono ritornata con l’ila tra liguria e nizza) che da parenzo va a novigrad e mi testimonia la sua presenza con le foto qui sotto.

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“gustolato” è una gelateria che apre il primo negozio a novigrad, il secondo a umago e il terzo a varazdin e chiama il nostro ale giorgini per la cura dell’immagine. ale disegna le illustrazioni che ricoprono le pareti dei negozi, quelle sulle coppette, i bigliettini da visita, le tovagliette e, quando ci andrò, scoprirò anche il resto.
chri mi dice anche che il gelato è buono, sempre dettaglio da non sottovalutare, e sempre quando ci andrò toccherò con mano e vedrò il ciottolato, se c’è, della strada per arrivarci, il palazzo dove si trova il negozio, il panorama intorno, l’odore della città, tutti quei particolari che rendono tangibile un’esperienza.

so invece che se si passeggia sotto i portici e tra le viuzze del porto antico di genova, ci si ritrova i cartelli stradali reinventati da clet abraham proprio sotto gli occhi e non ce ne si accorge nemmeno.
clet abraham è un pittore e scultore francese che opera in italia dal 1990. figlio di cotanto padre, lo scrittore jean-pierre abraham, clet espone (vivendo ancora in francia) in molte gallerie britanniche, uscendo poi definitivamente dal confine francese per fare il restauratore di mobili antichi a roma. l’arte lo porta in quel di firenze e proprio nella città toscana gli viene data la possibilità di avvicinarsi alla street art. il suo approccio è principalmente emotivo e motivato dalla necessità di esprimere la sua arte in contesti quotidiani, tant’è che non si definisce uno street artist. ma con soluzioni nuove, continua a intervenire nelle città rispettando la leggibilità dei cartelli e il rispetto per le città stesse.
quelli che ho cercato nella mia passeggiata di metà agosto, li ho fotografati qui sotto.
il primo divieto d’accesso si trova davanti al parcheggio vicino al palazzo san giorgio, mentre il divieto di sosta e fermata poco oltre sotto il portico su una stradina che si infila nei vicoli.

il divieto di transito e sempre quello di accesso invece si trovano all’incrocio pedonale di via di canneto il lungo, uno di fronte all’altro.

so che ce ne sono altri, ma non sono riuscita a riconoscere gli angoli di genova per arrivare a fotografarli, accidenti.

Prova di skate al Bonobolabo

una recente moda, seppur datata, è quella di girare le città sullo skate-board.
arrivare al “bonobolabo” di ravenna in via centofanti 79 sullo skate si potrebbe anche fare, non foss’altro che poi dietro al negozio e anche in inverno si può skatare sulle pipe che mette a disposizione marco.
marco miccoli apre il “bonobolabo” nel 2013 e, ben presto, il suo spazio dedicato allo skateboarding, all’arte e alla fotografia diventa un punto di ritrovo per i ravennati.
e di eventi e di mostre ne ha fatte marco.
e tutte interessantissime.
tipo me (con l’anteprima di “mabino&ilino” n.0 e le stampe e le magliette), ma soprattutto ale giorgini (ben due volte, la prima per presentare la sua arte e in edizione straordinaria anche uno skate “star wars” disegnato da ale e la seconda per il suo “that’s amore“), stefano babini, il dr. pira, luca font e luca gricinella, anna piera di silvestre e trve handsta e tanti collettivi tipo ArtDesia (diversi autori che disegnavano su delle lavagne), SURFACE (le tavole da skate abbinate a delle foto di street art di un muro dipinto da basik, centina, fijodor benzo tra gli altri), star wars exhibition (le esposizioni di denis medri e davide fabbri accompagnati dalle dimostrazioni di EMPIRA, l’associazione culturale che si occupa di eventi legati a “star wars”) e SUBSIDENZE (festival della street art e per l’occasione una mostra collettiva tra grafica, serigrafia, stampe di t-shirt sul momento e tavole da skate che si terrà dal 1 – interessante l’appuntamento del 6 alle 16 proprio al bonobolabo con mostre visibili fino al 16 – al 7 settembre e se capita di passeggiare per ravenna tipo facendo il sottopasso o osservando i muri dei palazzi si ha davvero un bel vedere).
un altro appuntamento che ci sarà poi è un’altra mostra collettiva, quella di “storie brevi e senza pietà” con inaugurazione il 27 settembre.

10565001_10204885166356027_1809419721546599979_nstorie brevi e senza pietà” è una raccolta di racconti ideati e disegnati da marco taddei e simone angelini, edito da bel-ami edizioni che ne cura anche il secondo volume intitolato “altre storie brevi e senza pietà“.
trovai il secondo alla “libreria k” di pescara che è una di quelle librerie per le quali fare 155 km da dove abito io nelle marche, vale la pena di percorrerli. mi ricorda tipo l'”interno4″ di andrea a rimini, nel quale si trova un divano per sedersi a leggere e trovare chicche di libri che ciao e chi le gestisce ha voglia di consigliare libri e anche parlare di arte.
“storie brevi e senza pietà” contiene racconti crudi, dolorosi e nei quali la finitezza umana è ben descritta con qualche perla di ironia che quantomeno fa sollevare l’angolo destro delle labbra.
i ragazzi hanno indetto un contest su facebook e tantissimi di noi hanno partecipato regalando loro omaggi senza pietà. esporrò anche io, con akab, andrea settimo, maicol&mirco e tantissimi altri.
il bonobolabo si avvicina sempre di più al mondo del fumetto e alla sua arte e aspettatevi succose novità su presentazioni nel prossimo autunno, personalmente imperdibili, che faranno del bonobolabo di marco uno di quei posticini nei quali si brama di poter esporre. anche perché si ha la possibilità di incontrare gente come giorgio zattoni. e ho detto tutto anche qui.

così, se vi capita di fare un viaggio o una passeggiata, osservate l’arte intorno.
perché ce n’è, bambini di tutto il mondo.
eccome se ce n’è.

 

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