la fiera dei becchi nell’estate di san martino

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oggi è principalmente conosciuta come la fiera dei becchi (fira de bech in dialetto), ma è da sempre, nella tradizione popolare, la fiera di san martino.
e la fiera di san martino è un appuntamento imperdibile per ogni romagnolo degno della propria romagnolità.
è la fiera autunnale per eccellenza ed è semplicemente bellissima. ma bella bella bella sopra ogni cosa. più della recente lucca.
certo, la fiera di fumetti è lavoro, la fiera di san martino è l’apoteosi dei ricordi e di una vita vissuta in romagna. e, insieme alla festa de borg, è l’altra fiera che non mi perdo mai.

una volta, il giorno di san martino (che cade ogni anno l’11 di novembre) significava per i contadini romagnoli la scadenza dei rapporti di lavoro e gli eventuali rinnovi di contratti di mezzadria tra proprietari terrieri e fattori e agricoltori; in quel giorno di incontri, si succedevano la compravendita degli animali, l’acquisto di attrezzi agricoli e di scorte alimentari prima dell’inverno. ecco perché, nella tradizione popolare, era la fiera dei caproni (becchi appunto) e quindi dei cornuti.

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e una delle attrattive è indubbiamente la tradizionale sfilata sotto le corna appese sotto l’arco trionfale di clemente XIV nella centralissima piazza ganganelli a santarcangelo di romagna.
chiunque, anche i bambini appena nati, passano sotto quelle corna per vedere se si è cornuti oppure no. perché vuole la tradizione che, se si passa e le corna oscillano, be’, si è bech.
sei sposato da una vita, sei gay, sei single, sei un bambino di cinque anni, ma sotto quelle corna ci passi e lo continuerai a fare fino a che avrai vita. io lo faccio da almeno trent’anni ed è fantastico, a prescindere che si muovano o meno. sono quelle cose che ti entrano dentro, che fanno del tuo essere romagnolo un segno distintivo oltre a quella zeta un po’ così. e continui a passarci anche se sono legate con dei cavi perché c’è troppo vento (e capitò per davvero in una edizione di qualche anno fa).

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non è una fiera imperdibile; con il tempo poi è diventata una serie di bancarelle che vendono un po’ di tutto, dalle pentole agli utensili da cucina, dalle cibarie varie di salumi, formaggi e litri e litri di vino novello e cagnina, dai dolci alle crepes, dai braccialetti hippie alle maglie peruviane, però nei miei ricordi è una di quelle fiere che non mi stancherà mai e alla quale vorrò sempre partecipare fino a che potrò.

con il tempo poi in piazza c’erano i nuovi modelli delle auto e ci si poteva anche salire ed era un bell’appuntamento; oggi in piazza ci sono stand gastronomici e una tensostruttura a mo’ di mercato.

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con il tempo poi, sono cambiata anche io. ho iniziato a frequentarla quando i miei mi hanno concesso la prima indipendenza e ho continuato ad andarci negli anni universitari dove mi interessavano solo le litrate di cagnina e il luna park e, oggi, all’alba dei quaranta, con una vita diversa e da “signora”, mi piace gironzolare negli stand gastronomici e curiosare comprando funghi, formaggi, olive e capperi.

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per me novembre è l’estate di san martino e quelle corna appese ne sono il simbolo. le disegnai per un calendario del 2013 di una tipografia sammarinese identificando in quelle corna il mese di novembre. oggi, quell’originale, è appeso a casa del’amico christian zanzani che ne curò la grafica.

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e se ho sempre scritto e disegnato di calcio, spesso nelle mie storie, quelle più romagnole, c’è la fiera dei becchi. una storia di cui feci solo lo storyboard (e sa la madonna in quale cassetto l’ho nascosto) è interamente ambientata tra quelle viuzze santarcangiolesi e il finale vedeva i due protagonisti abbracciarsi sotto quelle corna a fine festa, nel sabato che è ne è il culmine tra bancarelle chiuse e luci della cittadina quasi spente. ero nel mio periodo marlene kuntz e la storia l’avevo intitolata “nuotando nell’aria”, forse pensando all’effetto prolungato nell’assunzione di cagnina.

e nel mio primo romanzo, “assolutamente perfetto”, un’intera importante scena è raccontata durante la fiera.

e poi, semplicemente, la fiera dei becchi racchiude i tantissimi ricordi di una vita. anche sabato con la mina, la mia migliore amica, ne tiravamo fuori innumerevoli. quella volta per esempio che con la gaja io e la mina prendemmo il trenino turistico e telefonammo a mia sorella che si beveva sa la madonna cosa al “commercio” con le sue amiche e la facemmo uscire al nostro segnale e quando la salutammo dal trenino ci urlò: siete tre cretine!!!

oppure quella volta che con il gruppo di amici riminesi del periodo universitario, proposi il luna park e facemmo una spedizione sul “terminator” e convinsi una della ragazze che la giostra si faceva bene e quando scendemmo, a giro finito, vomitò l’anima.

o di quella volta che vinsi la bottiglia di cagnina sempre al luna park nel gioco del calcio, quello dove ci sono cinque cerchi con la rete dietro e se calci il pallone e centri uno dei buchi hai un premio.

o quella volta ancora che salii su un trattore perché la fiera non si discosta dalle sue origini e c’è ancora oggi un’esposizione di trattori (che si possono comprare, ma quella volta non lo comprai).

o quella volta che passando una piada che non mi andava più all’amico seduto di fronte al tavolo lo squacquerone cadde nella brocca di cagnina e il formaggio galleggiando nel vino sembrava un cervello spappolato.

dio del cielo. a elencarli tutti non finirei mai.

e sì, sono davvero cambiata anche io. la piccola santarcazelo in quei giorni si trasforma e le sue vie strette diventano il centro della vita. la tensostruttura dietro la piazza, quella dove di solito c’è il parcheggio a pagamento, è la mia preferita: ci sono specialità non solo romagnole ma anche provenienti da altre zone d’italia. e, come scrivevo sopra, oggi mi interessano più queste cosine da signora. girare tra le bancarelle, assaggiare i salumi o i formaggi, e poi decidere se comprarne o meno.

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ho anche scoperto che esiste il palio della piada nella quale apprendisti piadinari si cimentano con farina e matterello nella stesura della pida perfetta o semplice esempio di come noi giovani donne all’alba dei quaranta potremmo diventare autentiche azdore, solo che non ho mai capito dove si gareggiava e ciao. ho anche iniziato a pensare che fosse una leggenda, ma mi hanno assicurato che si svolge davvero. peccato che negli anni passati fossi più propensa alla cagnina che non alla stesura della piada.

la fiera è anche conosciuta come la sagra nazionale dei cantastorie che da ben 44 anni ci raccontano ciò che musicano. ma, onestamente, non ne ho mai visto uno. so che ci sono, anche su youtube ci sono le prove, ma l’unico artista che abbia mai visto era un signore che vendeva i suoi paesaggi inchiostrati con la china color seppia, tipo questo.

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ero con l’eli, per tutti enrichetta, e siccome alle fiere ci portiamo via sempre ricordi strani (a un san crispino, una fiera di scarpe a san mauro pascoli, ci regalammo un tappo del lavandino che non ci serviva a nulla ma era un ricordo; qualunque oggetto a prescindere dall’utilità o meno se lo ammanti di una componente emotiva e romantica diventa L’OGGETTO, e semplicemente il ricordo di “quella volta”) quella cartolina era quello scelto per quella fiera dei becchi 2011.

il mangiare poi la classica pida salsiccia e cipolla (io vado sempre di salsiccia e peperoni)

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accompagnata dalla cagnina (vino rosso amabile molto più simile al novello che io compro sempre alla bancarella di battistini) è il top.

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certo, la piada la sto ancora digerendo, ma questo è un altro discorso.

per altro, sono molto abitudinaria e, come ogni anno, mi sparo anche una crepe alla crema

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sulla scalinata che porta alla “sangiovesa”, l’osteria dalle evidenti origini felliniane. le crepes le fanno in un chioschetto piccolo e che ogni anno (che io ricordi da almeno venticinque) è sempre nello stesso identico punto. loro sono marito e moglie che hanno una creperia a miramare e che spessissimo partecipano a eventi come questi; li si trova sempre, brava gente dagli occhi chiari e qualche ruga lieve con il tempo che passa, e che distribuiscono il loro dolce squisito.

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ci sarebbe anche il luna park, ma se anni fa (e imparando a salire sulle giostre PRIMA di cena) mi trovavate a venticinque metri da terra e a testa in giù sul “terminator”, oggi è più probabile che sia con un bicchiere di cagnina in mano con gli amici.

cosa che è capitata anche questo sabato, non foss’altro che nel frattempo ho scoperto che non solo il “terminator” è diventato quasi obsoleto e io inizio ad avere troppi capelli bianchi per salirci, ma oggi la coda lunga alla biglietteria la detiene il “king loop”. questo.

luci accecanti piene di colori, musica sparata a volume indecente, bambini, adolescenti e adulti che vogliono salirci. anche se, fa piacere constatare che cavalli di battaglia come il tagadà e la casa dell’orrore sono degli evergreen.

e poi la festa dei becchi cade sempre durante l’estate di san martino. mai, dico mai, ho avuto freddo nelle serate della fiera. anche sabato, nonostante avessi guanti e berretto, li ho tolti, perché faceva tipo caldo! fi-ga-taaa…!

le vie di santarcangelo che di solito sono così:

saranno piene di vita fino a martedì, e sabato erano così:

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e se siete da quelle parti, bambini di tutto il mondo, vi consiglio caldamente di non perderla e di passeggiare tra quelle luci e quei colori e provare l’ebrezza del passare sotto le corna.

e farvi accompagnare da quell’imperante odore di cipolla alla griglia che vi porterete a casa attaccata ai vestiti.

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