Ho rimesso a posto le videocassette che ho conservato dall’ennesimo trasloco. Una è il cofanetto con due VHS di un cult degli anni ’90: “Akira” di Otomo.
Per gli adulti di oggi che nel 1990 avevano 15 anni – e per tutti gli altri che si aggiravano, anno più anno meno, nell’adolescenza più pura – questo film ha significato qualcosa che credo sia impossibile dare un peso specifico. Ha fatto talmente il giro, cambiando radicalmente la prospettiva, che il mondo – quello che conoscevo io si capisce, quello che all’epoca era un microcosmo -, dopo, non è più stato lo stesso.
Nel 1991 io ero una di quelle che si faceva regalare o andava a comprare, non ricordo, la VHS doppia di “Akira”, nella cui confezione c’erano appunto due videocassette: la prima, il film, la seconda il “making of” con le interviste dello studio e che racconta in giapponese la realizzazione (con i sottotitoli credo in inglese).
Cofanetto imperdibile, cofanetto per il quale nei magici novanta si faceva la fila per avere.
Ho ancora il videoregistratore, ho ancora in studio la tv con il tubo catodico (sul mobiletto degli alcolici della nonna), avrei ancora modo di guardarlo come una volta.
Contemplo quell’oggetto del desiderio di ragazzini che oggi sceglieranno per i nuovi nati e penso a quanto in realtà siano stati fenomenali gli anni ’90.
Certo, fa gioco, tanto, che avessi poi vent’anni a metà degli stessi.
E il fattore nostalgia fa annebbiare parecchio la mente, e i ricordi; l’indulgenza pure è interessante da ponderare.
“Akira” segnò l’inizio di quello che poi sarebbe diventato il cyberpunk e il cinema (e tanto fumetto) ne avrebbe preso a piene mani.
Che spettacolo le influenze e le contaminazioni, a riguardarle da così lontano.
E come sempre, mi sorprendo e mi entusiasma pensare di esserci stata nell’esatto momento in cui avveniva.