La mia maglia del Milan della stagione 1990/91, quella che Berlusconi volle con il simbolino della Coppa Campioni.
Una coda sulla strada per le spiagge di Sirolo, delle chiacchiere belle con le amiche, nell’attesa.
E la maglia del Milan.
Dicono che la vita è bella perché varia.
Nella coda di auto che ieri mattina (e ieri sera) si era formata per arrivare alle spiagge per Sirolo, Numana e le altre – una che crea tappo fino a un certo punto e che confluisce anche con quella di entrata e uscita dell’autostrada e dei paesi limitrofi, quella che passa dal benzinaio che ha il “CIAO” del Mondiale Italia ’90 alto 5 metri e che io un giorno vorrei come ninnolo e quella dei temutissimi autovelox micidiali, quando la facciamo da per noi, con le amiche di Ancona tagliamo per le stradine di loro conoscenza essendo loro autoctone -, nella nostra elettrica con quel ronzio soffuso, con le amiche abbiamo parlato di tecniche e stili.
Sono le chiacchiere per le quali gongolo, e che mi alimentano.
Mi ricorda sempre che, anche se bistrattato e poco considerato, il lavoro artistico non è per tutti, è qualcosa che non è meccanico e a volte mangia l’anima.
Io lo faccio o tento di farlo con quell’essere una persona di tutti i giorni, con le persone del mio quotidiano, senza mitologie o leggende intorno.
Così, abbiamo (ho) scherzato su autori che raggiungono vette alte e che vengono mitizzati, e che (alcuni) raccontano che creano solo vestiti con certi indumenti. Io pensavo a me stessa, in quelle fredde e umidissime giornate invernali, la nebbia sul mare e io fortunata a stare in casa, in studio, affondata in pigiamoni di pail che al primo striscio prendono fuoco, e pensavo a questi altri con boh roba che per loro è importante indossare per dare il via al processo creativo.
Sarà che questa mattina ho un buon umore, sarà che nonostante il 5 – 0 dell’Italia sul Liechtenstein che comunque serve per il ranking UEFA ma non poi così fondamentale per la differenza reti, sarà che l’aria è fresca e c’è un bel sole, sarà che.
Ok, sono pronta.