Meno di 48 ore in Liguria, tra 14 e 15 agosto 2017.
Tre ricordi.
Questo è il terzo.
Ferragosto ligure 03.
I capelli di I. tendono a schiarirsi quando prendono tanto sole.
Al biondo per la precisione, tendono al biondo. Non al biondo Madonna Vogue e nemmeno al biondo Carolina Kostner, un biondo castano – mi sorprendo a sorprendere me stessa che nel descrivere il biondo i miei primi rimandi siano Madonna negli anni ’80 e la Kostner, la pattinatrice, che nessuno ricorda mai tranne quando vince qualche medaglia alle competizioni col ghiaccio -.
Hanno la stessa consistenza dei capelli di T., forse più sottili, ma dritti uguale: è pura genetica, dal nonno, al padre, ai figli; nel mezzo la sorella del padre. Tutti con i capelli lisci, non un boccolo all’orizzonte.
Lineari.
C’è un’analogia in tutto questo.
C’è una festa a Lavagna.
Il lungomare e persino qualche strada parallela è aperta e percorribile. Vicino alla piscina comunale c’è anche la Festa dell’Unità, semivuota, perché l’evento è la Festa della Torta dei Fieschi, in piazza.
Sono abituata a “rave party legalizzati” (come li chiamò qualche tempo fa un giornalista di una tv locale) in quel di Rimini, a Molo Street Parade, a Notte Rosa, a Calici di Vino e Passaggi sotto le stelle, qualunque ricorrenza trasformata e componibile di angolo vino/birra, gastronomia, artigianato e piadina, piadina che cade come pioggia dal cielo come da biblica piaga egiziana, ma la piada è una grazia altroché piaga!
Per cui abituata al caos, trovarmi in una Festa ordinata, con poco chiasso e poco beverina ha sortito un effetto stranissimo.
Parcheggiata l’auto oltre l’Entella, quindi a Chiavari, attraversiamo il ponte che divide le città – chiamato “della Libertà” mistificandone forse la rivalità storica classica dei confinanti e tuttora esistente – e passeggiamo lungo Corso Buenos Aires verso la festa.
Una signora con gli occhiali e i capelli biondi corti osserva l’inusuale traffico pedonale seminascosta da uno scuro verde di una persiana.
Arrivate alla rotonda che anticipa la piazza principale (Vittorio Veneto credo), Via Cavour ci accoglie con il Bar Entella sull’angolo, pieno come non mai, con anziani festanti e bicchierini di liquore tra le dita, tutti seduti compostamente con lo Slurp! della Sammontana sullo schienale, qualcuno che gira sorridente di tavolino in tavolino come fosse un ricevimento privato. Qualche gruppo di ragazzi invece, abbigliato a risvoltini e magliette lunghe alla Justin Bieber, urla, evidente segno di riconoscimento di razza. Per il resto, siamo stati ragazzi anche noi, anche noi facevamo cose che i grandi facevano fatica a capire. O almeno io me la racconto così, oggi, oltrepassati i 40. Pensavo di essere moderna, sul pezzo, e invece niente, sono rimasta tremendamente indietro.
In piazza, la gente attende. Guarda verso il cono che contiene la torta e verso il palco, sul quale un officiante/presentatore/
È mentre torniamo da Recco, percorrendo l’Aurelia, con il finestrino abbassato e il vento a ravvivare scompostamente i capelli, e a lato, scorci mozzafiato di costa ligure, che mi viene raccontata l’origine della Torta di Fieschi: storicamente, Opizzo Fiesco – della famiglia del feudo dei Fieschi – torna vittorioso dai conflitti tra Siena e Firenze e decide di sposare Bianca dei Bianchi – altolocata famiglia imparentata con i banchieri senesi Bonsignori, potentissimi alleati dei Fieschi -; la festa è sfarzosa e viene ricordata per questa torta enorme e altissima. La ricorrenza decade e viene riproposta nel dopo guerra, con un’operazione culturale e rievocativa molto interessante: è quando si perde tutto e nel devasto della guerra che ci si ricorda delle tradizioni e si ha voglia di farle rivivere, per sentirsi legati a qualcosa che è della nostra terra, che si possa ricordare per ripartire.
Sono i primi anni cinquanta, l’Italia e la Liguria vuole tornare a vivere.
La Festa della Torta dei Fieschi, per Lavagna e quella curva di Tigullio, è l’occasione giusta.
Oggi mastri pasticceri e scultori e falegnami e costumisti, tutto prettamente realizzato a Lavagna, mettono in piedi lo spettacolo e ricelebrano il matrimonio, torta enorme compresa.
Un chiosco a fianco della pasticceria vende i nominativi, perché c’è un gioco: consiste nel trovare l’altra persona con la targhetta dello stesso nome.
Mentre parte il gioco e le persone iniziano a cercarsi educatamente guardandosi le targhette, noto diversi “Danza” e “Albero” che si rincorrono senza trovarsi. Le prime cento coppie che si trovano hanno una fetta di torta gratis, ma la pasticceria vende comunque vassoi di torta.
Gli occhi degli abitanti, chi si affaccia alle finestre, chi sul davanzale carico di panni stesi, chi sul terrazzo organizzando una cena con amici e bicchieri di vino in mano osservando il delirio ordinato della ricerca.
Poi, celebrato simbolicamente il matrimonio, l’officiante/presentatore/
Giochi ritmici e circensi di bandiere con simboli delle famiglie volano sul palco, tanti si stanno ancora cercando, la fila in pasticceria aumenta, al bar Entella gli anziani sono ancora lì, ancora più sorridenti.
La signora dello scuro verde ha chiuso la persiana.
Andiamo via.