La Serravalle

Meno di 48 ore in Liguria, tra 14 e 15 agosto 2017.
Tre ricordi.
Questo è il primo.
Ferragosto ligure 01.

Ci provo. A guardare, a riconoscerle, a seguirne il profilo.
Viene chiamata Serravalle, io l’ho sempre sentita nominare così e probabilmente è il suo nome, l’autostrada solo curve che ricordo di aver fatto da Novi Ligure per Genova Marassi, proprio allo stadio, per la mia prima volta sotto Natale per un Genoa – Milan dell’anno di Inzaghi allenatore, finita ovviamente con una sconfitta.
Dal Piemonte scendendo dalla Svizzera me ne accorgo. Ancora monti verdi e boscosi, dopo il Lago di Como è facile, c’è solo la tangenziale, per cui quando il panorama cambia di nuovo ecco quel profilo, le Alpi marittime, quelle che a un certo punto riesco a riconoscere persino io.
Il cielo greve sotto il quale è partito T. ha lasciato spazio a una volta azzurra, sconfinata oltre le montagne, e la temperatura è decisamente quella che definisco “italiana”.
Va bene. Le cose finiscono.
Poi Busalla, e giù altri ricordi: di quella volta che con i ragazzi e i bambini siamo andati lì a Pasquetta, su a Busalla, a bere Amarone e mangiare bene a casa di amici.
Ci provo a seguirne il profilo, e come allora a distinguere le Rocche del Reopasso, quelle che gli anziani del luogo chiamano “La sedia del Diavolo”.
Ma no, non le vedo, non le riconosco.
Riconosco invece il mare al quale torno sempre, e quel panorama mozzafiato che si apre sulla destra, quando si arriva in Liguria dopo l’ennesima galleria: il mare, che brilla come in un cartone animato giapponese con il riflesso del sole sull’acqua, il mare, sempre il mare.

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