Oggi la litografia è appesa con sopra una foto di me e mia sorella di quando eravamo piccole.
Forse è quell’età nella quale ci si “incontra”. Un po’ alla Benjamin Button, il protagonista del racconto di Fiztgerald – il senso della storia e i suoi significati, sopra all’apparente supeficialità di chi non ha i codici e lo qualifica con il like alla facebook, sono di una profondità umana che toglie il fiato -, nel quale c’è un momento nella vita in cui tutto è perfetto, e, naturalmente, il suo evidente fatalismo.
Mio babbo non ha mai parlato tanto. Lo stiamo facendo adesso, in quei “momenti di incontro” tra padri e figli.
Ha sempre preferito i gesti.
Ecco perché, nei miei due giorni a casa dai miei, lui nella sua quotidianità, torna a casa con una cornice a vista e inizia a montare la litografia di una tavola de “Il Giorno più Bello”, quella presentata a Santarcangelo per la prima edizione di Santarcangelo del Fumetto. Il tutto in silenzio mentre io, sul letto, leggevo.
Ha smadonnato un po’ e poi, serafico, lo piazza lì,sulla scrivania, tra le sue adorate penne – le ama e le colleziona, ma ora io so da dove gli è nata la passione – in un punto in cui, sedendosi e alzando lo sguardo, il mio disegno è di fronte a lui. Sempre.
Non ha mai parlato tanto, mio babbo.
Un piccolo gesto, un enorme significato: la dimostrazione che è orgoglioso di me e del mio strano lavoro.