“Il Giorno Più Bello” e le piccole grandi storie di provincia americana 3

Piccole grandi storie di provincia americana 3.
Io e “Il Giorno più Bello” stiamo tornando a New York, dove domani, sembrerebbe, ci aspetta una tempesta di neve.
Preventivamente, la Greyhound e le varie compagnie hanno annullato tutte le corse in pullman, in tv hanno già diffuso la notizia di scuole chiuse e a chi è permesso – perché l’azienda per cui lavora lo consente -, può lavorare da casa.
In questo viaggio di ritorno, l’acqua che bevo, mi dicono, è la migliore della costa – e con costa intendo fin sotto New York dal Maine, suppongo -, si chiama “Poland Spring” e la fascetta intorno recita un “proudly from Maine”. Il panino invece per me è un’assoluta, squisita, novità: i “wrap” sono tipo piade come forma ma verdi, per via degli spinaci, ma possono essere anche rossi per via del piccante; ripiena di prosciutto e formaggio sono il mio pranzo.
Vedo neve e soprattutto ghiaccio ai bordi delle strade e nei boschi, e sui laghetti una velina bianca ferma apparentemente qualunque tipo di vita. Non penso che mi lamenterò più delle strade ghiacciate in Italia, in confronto a questo ghiaccio e queste lastre tutto è ridimensionato. Non ho mai visto blocchi di ghiaccio così grandi, lastre così spesse sulle strade. Ghiaccio che si sta leggermente sciogliendo, ma pochissimo, perché oggi ci sono almeno 15 gradi e un gran sole e poi dicono che domani nevichi.
La chiamano “crazy New England” (weather), perché ti fa 15 gradi un giorno e quello dopo neve, poi ritornano le temperature miti.
Abbiamo visto luoghi, incrociato persone, ascoltato, annusato, vissuto un’America che difficilmente si vede dal vivo, nei film certo, ma toccarlo con mano ha tutto un altro sapore, e soprattutto, un senso.
Ogni ragazzo torna con noi, ogni volto è riconducibile a un personaggio dei film per poterlo spiegare, e sorprendentemente sono davvero così!
Keenan della caffetteria, un Dunkin Donuts sperso nel nulla come quei bar del benzinaio dell’autostrada triste, solo e abbandonato a se stesso, nel quale, in Italia, non ci si fermerebbe mai.
Jenna, sua madre Stephanie, Kate della paninoteca Five Guys che sembra la Katy Perry del video “Last friday night” prima del restyling ma bassa e bionda, l’arbitro donna della partita di ieri che parla italiano e che va in Basilicata quando torna e di cui non ho capito il nome, le innumerevoli persone incrociate a scuola, al market, ovunque. Tornano tutte con noi, ovunque finiranno non sapranno mai che un giorno potrei raccontare di loro, forse.
E mi accorgo di quanto molte cose italiane devono all’America, in tante piccole, mi viene da dire stronzate ma qui, ripeto, hanno un senso, noi in Italia con così tanta poetica e bellissima tradizione a copiarle come caproni. Ma è ok, se si riconosce la differenza.
E torniamo con un bagaglio davvero carico di emozioni, di ricchezza, di storie, di persone che è quasi commovente.
Ce ne sarebbe davvero da dire ancora e ancora, ma mai avrei immaginato che mi sarebbe piaciuto così tanto. E che forse lo avrei persino un poco amato.
#byebyeNewEngland

Foto scattata da Five Guys a Milford in Massachusetts e sotto il loro “mi piace”.

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