per sconfiggere il male lo devi affrontare

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Con il tempo, ma tanto tanto, in me è scattata una strana forma di pace jedi per cui cerco di capire (o almeno di darmi una risposta qualora non venga rafforzata la mia prima sensazione frutto però non tanto di esperienza diretta ma di lettura svogliata) il successo commerciale di libri che, ora a fine lettura, gli ispettori di Fahrenheit 451 mi fanno un baffo. Ora, a fine lettura, li brucerei in così poco tempo che non si avrebbe nemmeno il tempo di vederne la copertina.
Io ci ho provato. Ho perso tempo ma li ho letti. Anche perché se non lo avessi fatto, non avrei potuto parlarne, male in questo caso. Ma certo, è facile, è come sparare sulla croce rossa. Sparlare dei libri di Fabio Volo è al contrario ulteriore pubblicità nei confronti di un personaggio che per me è incomprensibile. Ma devo spurgare l’orrore di queste serate terribili nelle quali, dopo la giornata lavorativa, dopo le gioie quotidiane, dopo le partite di campionato e di coppe, entro nel letto e sul mio comodino ci sono i libri di Fabio Volo ad aspettarmi. Dio del cielo.
Io ci ho provato. Ho provato a sconfiggere il Male affrontandolo, ma credo abbia vinto lui. Nella misura in cui io non posso fare nulla per eliminarli dalla faccia della terra, ma di certo so che io e i libri di Fabio Volo siamo due pianeti diversi nei quali i suoi libri nel mio non arriveranno mai. O almeno mai più. Restituirò i libri a quella povera scellerata anima che in un momento di debolezza e confusione HA SPESO SOLDI per quelle edizioni e io e Fabio Volo avremmo chiuso per sempre.
Ci ho provato con Moccia, ci ho provato con Bianchini, ci ho provato con la Santacroce, ma no, tocca persino ammettere che “Tre metri sopra il cielo” è un capolavoro in confronto a uno di Fabio Volo, uno qualunque per altro, per quelle cose per cui cambiano i fattori ma il risultato è sempre lo stesso.
Ma che schifo, MA – CHE – SCHIFO! Quasi che passa persino la mia riluttanza per il cioccolato. Ecco, credo che questa esperienza crudele autoinflittami per la mia crescita personale, almeno cambierà l’apostrofare qualcosa con l’espressione che schifo. Il cioccolato non fa schifo, è molto buono ma a me non piace; ecco, questa è la forma giusta. Ma i libri di Fabio Volo fanno schifo, ma schifo che nemmeno, che nemmeno, che nemmeno…non trovo niente che possa farvi capire lo schifo che ho provato. Dio mio che esperienza terribile…devo fumare…devo tranquillizzarmi, è passato, è passato, sono ancora viva…adesso mi aspettano Wallace, Eggers, Bassani, la Smith…gente che sa scrivere…
L’esperienza è drammatica.
Per altro, volendovi bene, vi racconto solo l’esperienza del primo dei due libri che mi sono stati prestati. Sì, perché bisogna dare sempre una seconda possibilità. E lo dico io che per molto meno ho tolto saluti. Vabbe’.
La prima sera, prendo in mano “Un giorno in più” e, mentre leggo, un’altra parte del mio cervello pensa: leggine più che puoi così lo finisci prima ‘che non serve un’alta concentrazione per seguire un libro di Fabio Volo. Particolare rilevante: sfoglio le pagine per capire quante me ne mancano, per fare un calcolo mentale tipo sono alla 44, quante me ne mancano per arrivare alla 318? A voi non capita mai un calcolo così?
La seconda sera, vuoi per la Champions, vuoi per i servizi sui gol dopo la partita, faccio tardi; ho sonno, ma l’idea di mettermi nel letto e avere a fianco un libro di Fabio Volo mi fa venire voglia di addormentarmi subito. Invece mi sforzo di leggerlo, sempre per il motivo di cui sopra: meno tempo meno angoscia. Sfoglio di nuovo il libro per farmi coraggio e psicologicamente vedere meno pagine alla fine.
La terza sera. La scena è questa: osservo il libro sul comodino. La luce soffusa della abat – jours rende serena l’atmosfera; è quella luce che mi sta accompagnando in letture anche importanti, piacevoli, sorprendenti. Mi fido di quella luce e della quotidianità dei nostri gesti, più miei stando lei ferma. Indosso il pigiamino, penso a come risolvere una scena del fumetto nuovo, insomma, qualunque cosa pur di non leggere Fabio Volo. Alla fine, lo lascio lì. Spengo l’abate – jours e mi addormento senza leggere.
A questo punto, mi direte giustamente lancia Fabio Volo e non pensarci più!, eppure credo che in me alberghino più personaggini alla Inside Out per capirci, tipo uno che racchiude Responsabilità e Determinazione anche se tutto il comando centrale considera e accetta come doveroso l’autoinfliggersi un libro di Fabio Volo e un malessere passeggero, dunque sopportabile.
C’è di nuovo la Champions. Anche solo rifare il letto e guardarlo sul comodino, ordinando al mio cervello di NON memorizzare nella memoria a lungo termine quell’immagine, mi fa passare la voglia. Nonostante tutto, anche solo per la positività degli insegnamenti genitoriali (fai oggi quello che puoi fare domani) tipo filosofia zen, mi metto a leggere. Dopo tre sere, sono più o meno a pagina 90 e se praticamente parla solo di lui e delle donne che ha scopato, le scene più belle sono in successione: quando viene picchiato a sangue dal fidanzato di una che si scopava solo il martedì, non ricordo bene, ma è tipo la trombamica settimanale; quando gli cade il cellulare nel water dell’aeroporto; quando gli perdono la valigia dopo il volo per New York. Cioè quando tutto gli va male: ho provato un senso di goduria che nemmeno quando guardi Dexter.
La quarta sera, nel pensare che la sera mi aspettava di nuovo quella robaccia, mi compro Dylan Dog direttamente. Che poi non leggo perché tipo se già Fabio Volo non mi fa dormire bene, figuriamoci DD con le scene splatter.
E insomma, una tragedia. E con il pensiero costante di abbandonarlo. Poi ho pensato: e se Michela muore? Chissà se Fabio Volo oltre a essere banale di un banale che ciao ci caccia dentro anche la lacrima facile (vado a guardare su Wikipedia).
Molto bene, adesso che ho letto la trama su Wikipedia, posso anche lasciarlo davvero. Comunque, sticazzi, questa mmmerda è pure il libro che ha venduto di più di Fabio Volo, il che ha dell’incredibile, perché se questo si fa fatica a leggerlo, immagino gli altri.
E comunque Michela non muore. Se la faceva morire potevo anche ricredermi.
Nel frattempo, perdo il conto dei giorni nei quali quel libro è sul comodino, ma so che si aggirano intorno alle due settimane perché c’è la pausa dal campionato per le qualificazioni europee della nazionale. E in ogni caso riesce a riprendere anche il campionato. Per lo sforzo immane mi concedo qualche pausa, tipo che leggo in successione: le prime due stagioni di Strangers in Paradise di Terry Moore; il Dylan Dog di quel mese, Orfani che riesce persino a passare dalla seconda alla terza stagione, Fun di Bacilieri e ADDIRITTURA, una sera, mi leggo il libricino che danno al cinema con il bel faccione di Matt Damon in copertina che contiene i primi tre capitoli di The Martian per invogliare la gente a comprare anche il libro dopo, ricorderei, due ore e passa di pellicola, che almeno volano e il film – che non rientra in uno di quelli per cui pagherei 8 euro alla cassa (un’amica aveva un carnet di biglietti) – si guarda anche bene.
E niente. Non mi era mai capitato di leggere un libro e nel mentre leggerne altri cinquecento. Non sono una che riesce a leggere più libri contemporaneamente, forse perché quando scelgo un libro è quasi un rito avvolto da una sacralità tutta sua, della serie che mi deve rapire, mi deve coinvolgere, insomma deve meritare di essere stampato e, semplicemente, bello, finanche indimenticabile. Ecco, Fabio Volo, non rientrano in quel rapimento e coinvolgimento di cui sopra: pagine inutili, carta buttata via.
Persino nel finale romanticissimo, pensavo, la mia preponderante parte romantica si sarebbe lasciata leggermente incrinare da questa Parigi (dì, ma ti fai inculare che prima mi racconti di New York poi di Parigi e c’è gente che non arriva a fine mese? Ambientamelo a San Carlo di Cesena e poi vediamo se ha lo stesso effetto, imbecille), dicevo, questa Parigi così…Parigi, e invece zero.
La differenza tra quello che scrissi qui (IL MALUMORE CHE TI LASCIA LA LETTURA DI UN LIBRO BRUTTO CHE SE POI CI DORMI SOPRA TI FA SVEGLIARE PURE INCAZZATO) e il libro di Fabio Volo è che, nel primo caso, in quel libro letto avevo riposto la sacralità descritta prima, dunque un’aspettativa forte che poi è venuta meno, lasciandomi davvero di malumore; nel secondo, le aspettative non erano pervenute sicchè rimanerci male non era nemmeno naturale, tanto l’indifferenza regnava dalla prima all’ultima pagina. Tipo che ho provato più entusiasmo aprendo, sfogliando e chiudendo il giornalino della Coop delle offerte. Ecco: ho provato un brivido leggero, una piccolissima e impercettibile scarica, nel vedere il prosciutto con lo sconto del 15% alla Coop che leggere un libro di Fabio Volo che mi ha lasciata totalmente priva di vita.
Forse sono stata troppo dura.
Ma, in rete, ci sono uno e due interessantissimi articoli nei quali si cerca di spiegare il perché del successo di Fabio Volo; sono collegati l’un l’altro perché il secondo prende spunto dal primo e vi consiglio di leggerli. Sapere che non sono l’unica su questa terra che si pone una domanda simile e cerca di darsi una risposta il più plausibile possibile alla mia incolumità mentale, mi fa sentire meno sola. Perché ha dello straordinario: tipo quelle cose per cui ti fasci la testa, pensandoci e pensandoci, e poi hai la sensazione che ti fumi la testa, ecco, allo stesso modo hai bisogno di un appiglio o almeno di un qualcuno lontano che ha pensato la stessa tua cosa.
Anche se ancora oggi non me ne capacito e non lo capisco proprio, il suo successo commerciale. Mi sfugge totalmente, a parte notare quanto sia rimasto nelle memoria. Praticamente non se ne parla più, i giornali e le riviste di gossip hanno dimenticato Fabio Volo, e sicuramente i suoi libri. Certo, lui fa disgraziatamente la radio, le comparsate, eccetera eccetera, ma di fatto non esiste più. Non è che viene “ripreso” in un qualche dibattito o ricordato in un qualche modo che possa a sua volta ricordare i suoi libri, nulla di tutto questo. Ecco: un fuoco di paglia. Ecco cosa sono i libri di Fabio Volo: un fuoco di paglia. Nemmeno un candelotto di dinamite è l’analogia giusta, perché un candelotto si suppone che quando scoppi lasci qualche danno più o meno serio e non è che si può dare un’ulteriore colpa a Fabio Volo anche del livello culturale straordinariamente basso della nostra bella Italia. Ma sì, un fuoco di paglia, per definizione.
Dicesi “fuoco di paglia” tutto ciò che può sembrare consistente e interessante ma che poi si rivela di scarso valore e di breve durata. Cioè i libri di Fabio Volo.

 

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