il malumore che ti lascia la lettura di un libro brutto che se poi ci dormi sopra ti fa svegliare pure incazzato

libro_brutto

Che poi è esattamente quello che è successo a me.
Vivo ancora nell’idea romantica di un mondo nel quale i libri quando vengono dati alla luce della stampa (e soprattutto da una distribuzione degna di questo nome), hanno il dovere morale ed economico di essere belli. Belli in quel modo che ti rapiscono, che ti fanno vivere un bel viaggio, che ti metti a letto la sera con una voglia della madonna di tuffartici dentro e stare con loro il più possibile. E siccome è, appunto, il mio mondo è un mondo che esiste solo nella mia testa e Dio solo sa i miliardi di cose che vedo passare, attraversare, mantenere, conservare lì dentro, tra progetti, sogni, calcio, cosechevorreifaremachedevoprendereattodelmioesserecazzonaenonfaròmai. Che poi è parte predominante dell’essere me: un vulcano di idee che vengono iniziate e lasciate mantecare fino a data da destinarsi; ecco perché quando finisco qualcosa c’è sempre da sciabolare lo champagne e fare festa fino allo svenimento.
A ogni modo.
Era (come al solito) uno di quei libri che stavano nella pila dei libricheungiornoleggerò e sa la madonna perché tra i tanti che ci sono, ho scelto proprio quello. A parte il fatto che un aspetto positivo c’è sempre: tipo che il suddetto parla di una cosa che sto disegnando in questo periodo ambientata quasi negli stessi luoghi. Mi lascia sempre piuttosto sbalordita il rendersi conto che c’è sempre un momento giusto per ogni libro, sia in positivo e cioè che sia un libro della madonna, sia in negativo come in questo caso.
E sono altrettanto sbalordita di come questo volume si trovi ovunque, anche alla Coop, anche nei mercatini fighi delle sagre di paese, anche nelle librerie quelle fighe dove puoi bere anche un calice o diversi nel mio caso di vino, anche nei centri sociali, anche a casa delle amiche ma questo non vale, anche nei caffè letterari, anche tra gli intellettuali che nel mondo nella mia testa sono tutti omini Lego con la barba.
Il libro in questione è…non lo dico. Sta brutto. Cioè che io lo consideri brutto è un mio personalissimo parere, ma sputtanarlo no, sta proprio brutto, anche perché penso a quando accade a me, quando scrivono male di un mio fumetto e non è per niente una sensazione piacevole, al contrario, l’istinto omicida che pensi non alberghi in te scappa fuori che nemmeno te ne accorgi.
Insomma, leggo questo libro di questo autore che è anche molto seguito, uno di quelli che chiaramente non vive solo di scrittura ma si moltiplica in altri mille lavori che come comune denominatore hanno sempre bisogno di almeno conoscere l’italiano e magari saper anche solo lontanamente scrivere, tipo avere un blog, lavorare in radio con una propria trasmissione e scrivere che ne so i testi di trasmissioni televisive più o meno accattivanti. Che poi il suo blog lo leggo pure, e nel suo parlare di niente regge benissimo, ma un conto sono 1000 battute sul Mac, un conto oltre 250 pagine di quello che avrebbe dovuto definirsi un romanzo.
Insomma, leggo questo libro e riesco anche a finirlo. Ma è brutto, brutto che non ci si crede e scritto in un italiano di una semplicità che nemmeno il mio compagno di banco in quinta elementare e lui parlava solo dialetto, e ho detto tutto. La storia di base è anche di quelle che dici, vabbè’, dai, facciamo lo sforzo, ma pORRRCa tRRROIa è sviluppata con una banalità di cliché e stereotipi che pORRRCa tRRROIa. Sì, sì, va pronunciato così, in un crescente stupore, come Brody in Generazione X di Kevin Smith, pORRRCa tRRROIaaa, come quando vede che Stan Lee fa le dediche nella sua fumetteria preferita o un po’ ovunque nel film.
Insomma, pORRRCa tRRROIa.
Pur di non portarmi lo strazio della sua lettura oltre tempo massimo, cioè un altro giorno, mi faccio coraggio e lo finisco. La mia espressione ogni volta che ponevo il segnalibro era sempre come la faccina della Lego disegnato in alto in apertura di queste righe. E già. Lo finisco con peraltro somma gioia, la somma gioia di farlo finire direttamente e senza passare dal via nella pila dei librichestannodietro, cioè quelli che non vuoi più vedere nemmeno per sbaglio. Venderli no, non mi piace screditare i libri fino a questo punto: hanno pur sempre una loro dignità, una loro anima, un loro posto nel mondo anche se sfortunatamente per loro è la pila dei librichestannodietro, ma guardiamo pur sempre il lato positivo: almeno non finiscono al macero.
Insomma, lo finisco. Ma nella notte accade qualcosa. In quel dormiveglia prima dell’addormentarsi definitivamente inizio a domandarmi: ma perché lo avevi comprato? E vai di scavare in ricordi che non hai più cercando di capire quando la tua carta di credito è stata fatta strisciare nel POS, quale libreria fosse e perché il libraio che nella tua testa esiste ancora e cioè quello che ti consiglia e ti dice “quello lascialo pure giù” (che poi nella libreria del libraio della tua testa un libro così probabilmente non lo terrebbe proprio in negozio), in quali condizioni psicologiche drammatiche dovevi essere per averlo scelto in quella montagna di volumi, PERCHÈ QUELLO, PERCHÈ?!?!
Naturalmente la notte è stata una merda. Questi pensieri continuavano a orbitarmi in testa senza aver ricevuto una ma neanche lontana anni luce risposta che fosse plausibile. E quindi mi sveglio malissimo, in più piove e sono di cattivo umore perché con l’acqua che Dio la manda invece di vestirmi comodamente con i miei pantaloncini da calcio devo indossare i jeans che in estate hanno su di me un effetto claustrofobico e poi sono ancora di cattivo umore. Anche arrabbiata. Perché è una sensazione davvero schifosa quella di svegliarsi dopo aver letto un libro brutto.
Naturalmente, recidiva, ne ho preso subito un altro che dalla copertina pare sulla falsariga, così da liberarmi almeno per questa estate da volumi di questo genere. Minimo è bello anche se le infradito disegnate sulla copertina non promettono nulla di buono.
Così, jeans a parte, il pranzo da nonna Furia è stato un aprire e bere Verdicchio, Passerina e Pecorino come se non ci fosse un domani. Certo, adesso sto bevendo la birra delle 18, ma questa è un’altra storia.
Ah.
E se ve lo state domandando, no. Non è Fabio Volo.
Ehhhhh… grazie al cazzo, facile così.

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