i lentazzi degli anni ’80 che capita di ascoltare ancora in radio e quando li senti dici: oh…questa…!

sinead

la foto di sinead o’connor presa dal video “nothing compares 2u” l’ho messa solo per invogliarvi a leggere l’articolo perché la canzone è del 1990 e quindi, per epoca, non può rientrare in questa lista.
siccome sono entrata in questo loop da musicassette fino a che non riesco a estinguerlo non mi passa più. e siccome gli anni ’80 li abbiamo vissuti un po’ tutti, ci sono quelle canzoni che nonostante siano passati decenni, ogni tanto capita di ascoltare ancora alla radio. certo, magari sulle frequenze di radio minori e all’1 di notte in autostrada, quando sei solo a guidare e puoi essere te stesso finanche cantarle che tanto non ti vede nessuno e nessuno, a parte i camionisti, ti vedranno contorcerti in esibizioni con facce struggenti e melense.
così, come sempre per esperienza diretta, i miei show che nessuno vedrà mai nell’abitacolo dell’auto sulle note di queste canzoni.

kate bush “wuthering heights”

a memoria non la sai nemmeno al milionesimo ascolto, ma l’acuto è tuo e potresti cantarla solo così. esempio perfetto di facce strambe da interpretazione sentita, se ci aggiungi le mosse (a parte le capriole che in auto si fa fatica) e gli occhi sgranati, e se continui a farle anche durante il pezzo strumentale, l’oscar dell’interpretazione è tuo.

cindy lauper “time after time”

cindy lauper personalmente è tipo ni. non mi è mai particolarmente piaciuta da comprare tutti i suoi dischi, a parte una raccolta che non so nemmeno dove sia finita, ma comprata giusto perché spotify e itunes non c’erano ancora e i cd non erano desueti come oggi e le raccolte erano l’unico modo per ascoltare certe canzoni.
ogni volta che penso a cindy lauper penso alla scena in “queer as folk” versione americana in un episodio della quinta serie, L’episodio nel quale brian, dopo anni di stronzaggine e bastardate varie, dice finalmente “ti amo” a justin e se lo sposa. il fatto è che questo “ti amo” viene detto da brian dopo quattro stagioni sì per la gioia e il tripudio dei fans, ma soprattutto nella puntata nella quale cindy lauper era ospite della discoteca babilonia (e quindi dell’episodio) e viene fatta scoppiare una bomba nel locale, perché sa la madonna, la solita lotta tra etero violenti e gay, una roba così. e brian, trovato nel marasma di ambulanze e cadaveri, justin, appena leggermente sanguinante, per essersela fatta addosso dalla paura di averlo perduto gli confessa il suo amore che poi scopri essere stato un colpo di fulmine e ti incazzi perché per cinque anni hai guardato la serie solo in attesa di quel momento che dopo la loro prima scopata poteva finire praticamente al primo episodio senza farti stare ore e ore davanti alla tv.
comunque.
ho pensato che portasse un po’ di sfiga se appena inizia a cantare scoppia una bomba in una discoteca, ma anche se era tutto falso, la sensazione non mi è sparita.
e siccome era pratica comune per i cantanti inserire un lentazzo dopo il singolo ruggente (pratica mi pare che esista ancora e che non ha intaccato assolutamente le regole discografiche del mercato nonostante il tempo passato), cindy lauper ci canta “time after time”. nel cui video raggiunge livelli di abbigliamento che anche se la guardi non riesci a credere ai tuoi occhi che si sia davvero vestita così. la scena nella quale indossa il bomberino blu elettrico sopra una gonna a campana di non ho capito che fantasia e il cappello a tesa tonda ragazzi è una roba che non sfiora più nemmeno l’incredulità. eppure ce la ricordiamo anche per questo.
ma! intorno al minuto 4.00, se ci arrivate, c’è questo momento qui che ho sempre sognato di fare almeno una volta nella vita e, soprattutto, nella realtà. cindy e il tipo con le basette sono in stazione e devono tipo fuggire insieme, ma lui all’ultimo non se la sente e con un’espressione sofferente da recitazione sublime (il che mi induce a pensare che lo abbiano scelto tramite un concorso tipo regalo delle patatine) guarda cindy che a sua volta lo guarda e in questo primo piano di lei parte la strofa e lei gli canta in faccia.
avete presente tipo quando si guardano telenovela tipo topazio o basta anche solo lady oscar tipo nella scena nella quale ad andrè gli segano l’occhio e lui urla oscaaaaaaar! oscaaaaaaar! e lei andrèeeeeeeeee! andrèeeeeeee! con il fermo immagine e gli occhi sgranati e la bocca aperta, insomma tipo il video di kate bush, e sotto la musicassetta con i vetri che si rompono?
ecco. questo passaggio del video di cindy lauper si aggira da quelle parti. e a me, parte l’embolo.
mi rendo conto, ora, rileggendo cosa ho scritto, che queste righe non hanno senso.
pace.

madonna “true blue”

“true blue” è più melodica che lentazzo, ma rientra o insomma sa la madonna la faccio rientrare nella lista. anche se preferivo “cherish” per il video perché le sirene mi hanno sempre intrippato.
non siamo solo in auto ma anche sotto la doccia e chissà perché prendiamo la cornetta e la demenzialità ha la meglio e ne facciamo i cori più che la voce principale, senza dimenticare il balletto che è indelebile nella nostra memoria e ogni volta che dice true blue i love you facciamo la x con il dito sul petto e lo puntiamo davanti a noi.
ispirato agli anni ’50 con le sue classiche ambientazioni, dal banco del tipo gelataio alla norman rockwell o alla jeff daniels in “pleasantville” o insomma alla brandon walsh del peach pit o se preferite il bar tipo di “ritorno al futuro”, insomma quel genere di bar lì, non manca l’auto alla grease, il lampione e i fazzoletti finanche i costumi. nel video una giovane debi mazar accompagna madonna, sua amica al tempo e poi ci spieghiamo perché la debi abbia avuto anche una carriera di attrice.
e poi quella’”hey!” dopo due nanosecondi dall’inizio della melodia lo azzecchi sempre.

phil collins “one more night”

se volevi addormentarti in tre nanosecondi, phil collins era l’ideale.
soporifero.
semplicemente.
e sì che ne ha scritte, ma qualunque si ascolti da “another day in paradise” a “true colors” a “groovy kind of love” a questa, l’effetto è lo stesso.
nel selezionare la canzone mi sarò addormentata tipo cento volte.
sembra pazzesco, ma l’unica canzone che davvero mi piace di phil collins è la colonna sonora di “tarzan” della disney. non foss’altro che non fa addormentare. non subito almeno.
e comunque, se lo si ascolta, avere vicino un thermos di caffè aiuta molto.

limahl “never ending story”

dio del cielo.
“la storia infinita”, uno dei primi casi di importazione tedesca nel pieno del bombardamento americano dei nostri amati anni ’80, è uno di quei film fantastici che li cataloghi nel tuo cassetto della memoria insieme a “labirinth” e a “legend” e non so perché anche a “lady hawke”.
il bambarello sebastian, precursore nella nostra visione del mondo da novenni (è del 1984) dei primi atti di bullismo a scuola, si rifugia in tipo una biblioteca o libreria e non mi ricordo si ritrova questo libro magico qui e altro che alice nel paese della meraviglie, per noi esistevano solo atreyu e falkor, il cui dibattito se fosse un cane o un drago risorge ancora oggi negli aperitivi nei quali si alza il gomito. di per sé edificante, nel senso che tra tutti i posti nei quali poteva nascondersi sceglie una libreria e in un libro c’era tutto quel mondo lì. confesso che la lettura mi incuriosì molto intorno a quell’età, non certo sperando di trovarci un falkor e volare con lui (mi stava sulle palle) ma sicuramente l’idea di vivere storie spettacolari leggendo un libro.
ad ogni modo, la canzone ma soprattutto il video sono una roba che ciao.
vi prego, guardate anche solo il primo minuto e mezzo e ditemi se non fa scompisciare un limahl che si finge sexy in modo improbabile con i capelli alla rod stewart senza esserlo e le mossettine. anche se il top lo raggiunge al minuto 2,03 quando canta il ritornello e guardate la sua faccia se non sembra quella di uno che si è appena fatto un tiro di canna con dentro roba molto buona.

bonnie tyler “totally eclipse of the heart”

uno dei lentazzi capisaldi del 1983 e nonostante siano passati oltre trent’anni ne rimane uno degli esempi calzanti.
la voce roca le venne dopo un intervento per via di alcuni noduli alle corde vocali che si pensava avessero posto fine alla sua carriera di cantante e invece, va la, canta ancora e da allora non si è mai fermata, figurando anche nella colonna sonora di “footloose” con la canzone nella quale kevin bacon e soprattutto la sua controfigura ballano nel magazzino abbandonato.
poco da aggiungere. anni ’80 a manetta. e scene in auto tra pose e interpretazioni che ciao.

whitney houston “all it once”

ah dì niente, vedere i video di lei sul palco che canta dal vivo fa salire una tristezza della madonna. ma che peccato che certe leggende siano tutte così distrutte nella vita. comunque. “all it once” se la giocava con “one moment in time”, perché “i will always love you” , top indiscussa dei lentazzi, è del 1992, cover di un brano di dolly parton e scelta da kevin costner che la suggerì come colonna sonora del suo film, interpretato proprio con la houston, “guardia del corpo”. la versione di questo video, cioè della prima volta che, nel 1987, la presenta al pubblico, dal vivo, è da brividi sulla pelle. e l’applauso scrosciante alla fine è la cosa più naturale e persino riduttiva che si meritava la grande withney.

bonus track:

belinda carlisle “heaven is a place on earth”

a parte il ritornello, zero, della canzone non sono pervenute altre parole che come fonetica dicano qualcosa di comprensibile. e immancabilmente si fa finta di saperla ma si canta solo il titolo. però l’arrotondare rabbioso di alcuni passaggi sono rimasti e si ringhia masticando un inglese improbabile. lo sfumarsi del ritornello a fine canzone è una delle caratteristiche chiave di quegli anni, ossia quando con la musicassetta avevi già premuto il rec e il deejay ci parlava sopra. ed era l’ennesima musicassetta di belle canzoni con i deejay che parlano sul finale, per una volta poi che l’avevi beccata dall’inizio e con una prontezza di riflessi nello schiacciare rec che ciao.

kim wilde “you came”

roccheggiante come quella di belinda carlisle, ha dei momenti melodici e spesso sospesi che fanno entrare di diritti questa canzone nella lista dei lentazzi. kim wilde era una bella ragazza, capelli folti e laccati, corti, anni ’80 sfacciati, con una passione per il giardinaggio che l’ha portata anche a scriverci dei libri. oggi, scrive ancora libri sul giardinaggio e, bello e vero, continua a cantare. nel video, come moltissimi dell’epoca, vengono alternate immagini da un concerto a quelle di studio. in entrambi i casi ha dei pantaloni a vita alta e talmente stretti che ogni volta che li guardo ho tipo la sensazione di soffocamento e mi viene male per la sofferenza nell’indossarli, a me, comodamente seduta sulla poltrona del mio studio e con il tutino in pile di “star wars” bello largo.

come sempre, ce ne sarebbero altri milioni e milioni, ma mi inizia la partita e sapete com’è.
però, riascoltarle anni dopo, fa sempre quell’effetto misto di malinconia e spensieratezza.
erano gli anni ’80. ero una bambina e avevo una vita davanti.
e anche se non è più così, queste musichette mi infondono, bambini di tutto il mondo, la stessa sensazione di avere ancora tanto da vivere e che gli anni ’80 siano solo gli anni della mia adolescenza.

ghost track.

visto che siete arrivati fino a qui e le regole servono per essere infrante, ecco “nothing compares 2u” e “i will always love you” della withney alla quale altro che applausi e standing ovation, monumento. anche se non serve a niente.

https://www.youtube.com/watch?v=iUiTQvT0W_0

 

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