l’asian cup che non interessa a nessuno e i significati nascosti della geopolitica su un campo di calcio

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non se l’è filata nessuno, eppure è dal 9 gennaio 2015 che ogni mattina avrebbe potuto tenerci compagnia durante la colazione.
la fase finale della coppa d’asia 2015, l’asian cup, si è svolta in australia in totale noncuranza, come se non fosse esistita. certo, in contemporanea c’erano la coppa d’africa che forse aveva più fascino per lo spessore tecnico e tattico evidente e, sempre in australia, c’era l’australian open di tennis, senza contare che in italia le giornate di calciomercato, sportivamente parlando, richiamavano maggiormente l’attenzione dell’italica gente, il che porta l’asian cup a un fanalino di coda più spento che mai.
non se l’è filata nessuno, eppure sepp blatter, lo svizzero presidente megagalattico della FIFA, ultimamente ha asserito che l’australia meriterebbe un mondiale e che quel rigore a germania 2006 era quantomeno dubbio (ottavi di finale tra italia – australia, fallo su grosso al limite dell’area e rigore segnato da totti al’95 dopo aver giocato in dieci per l’espulsione di materazzi).
non se l’è filata nessuno. eppure qualche spunto interessante lo ha avuto.

fu winston churchill, mi pare, (e lo dico alla miranda de “il diavolo veste prada” quando andy sorride per due cinture cerulee apparentemente uguali e lei invece le spiega le dinamiche del colore apparso poi in tutti i negozi e lo dico sempre, la Storia ragazzi, la Storia!) il primo che, all’alba del mondiale del 1966, intuì la potenza del messaggio dello sport come traghettatore anche di fini politici. certo, esempi nei quali la politica influì e inficiò eventi sportivi (creando precedenti geopolitici delicati) ne è piena la storia, basti pensare alla finale del  mondiale a svizzera 1954 quando fecero vincere la germania ovest contro un’ungheria talmente enorme che ce la si ricorda ancora perché era un modo per risollevare la simpatia teutonica nel dopo guerra, oppure all’abbinamento beffardo al mondiale 1974 tra germania ovest e germania est quando fu espressamente chiesto di poter evitare anche solo una partita di calcio tra le due squadre, finanche l’italia campione nel 2006 ebbe qualche aiutino nel vincere la coppa dopo calciopoli, motivo più o meno simile che la portò a essere eliminata dalla corea nel 2002 a causa di un arbitro venduto (nel 1966 l’italia fu sorpresa da una squadra che era stata adottata dagli inglesi, rei di averla fatta allenare senza pressioni nel nord greve e rurale dell’isola e i coreani furono sostenuti dal tifo di casa che aveva simpatizzato per loro), e ancora tutte le volte che il brasile ha vinto, in patria il paese era in un passaggio storico particolare, dalla dittatura militare alla democrazia e la coppa serviva a dimostrare l’orgoglio del popolo. chiaro, erano anche fortissimi, ma a guardare la Storia si scopre che chissà come mai vincevano sempre in quei momenti lì. oppure, recentemente, nel 2014 la rissa scatenata nella partita delle qualificazioni europee tra serbia e albania nella quale un drone con la bandiera della grande albania è stato abbattuto dai giocatori serbi. e poi ci vengono a raccontare che la storia politica non c’entra…
questa coppa d’asia non si esime da situazioni geopolitiche simili.
la palestina per esempio si qualifica per la prima volta a una fase finale. segna il suo primo (e unico gol) alla giordania, perdendo ugualmente. ma è un momento storico. per il paese è uno dei pochissimi modi per apparire al mondo come un paese normale e il calcio a farlo apparire come un paese che non è solo identificabile per la striscia di gaza. quella rete è  la rivalsa di un popolo che urla con tutto se stesso che possono essere anche solo un paese che tifa la sua squadra di calcio. squadra di calcio che la geopolitica non le farà mai incontrare israele, la quale mi domando chissà come mai fa parte della federazione europea. curioso vero?
iran e iraq si incontrano ai quarti di finale ed è un derby di quelli tosti. 3 – 3 e ci vogliono i calci di rigore per decidere chi va avanti. pensateci: iran e iraq. cosa ci viene in mente quando pensiamo a questi due paesi? e dubito fortemente che nella percezione comune la prima cosa che si pensa siano iran e iraq come due squadre di calcio. personalmente mi vengono in mente solo cose che li relegano a un’immagine e che non è sempre bella. tipo “persepolis” della satrapi e ciò che racconta, dei divieti e della situazione iraniana dittatoriale che fa accapponare la pelle. oppure per l’iraq tutti quei film americani da lavaggio del cervello e che fa sembrare gli iracheni cattivi, anche se l’unico collegamento che ho e non ho idea del perché è tipo iraq = “leone per agnelli”, il film di robert redford con tom cruise presidente improbabile. così, siccome c’è l’ila qui a fianco che è mooooooltoooo più seria e quadrata di me, le domando quale sia la prima immagine che le viene in mente quando le dico iraq. e infatti mi risponde con la statua di saddam hussein sradicata dai soldati americani al loro arrivo a baghdad.
è innegabile. quando pensiamo a iran e iraq ne vediamo solo gli scenari di guerra.
eppure, per qualche momento iraniani e iracheni hanno giocato un derby che agli occhi del mondo, maliziosi, ne vedevano i significati geopolitici, ma per la gente erano ventidue giocatori che, semplicemente, giocavano a pallone. iraq che peraltro ha davvero giocato una coppa d’asia di tutto rispetto, arrivando in semifinale e ottenendo un quarto posto nella manifestazione assolutamente impensato inizialmente. e un iran comunque compatto, nonostante il commento del radiocronista rai che, ai mondiali in brasile nella partita contro l’argentina risolta da una magia di messi, disse ora capisco perché in iran lo sport nazionale è la lotta greco-romana.
e sta bon che gli incroci non hanno portato a corea del sud vs corea del nord…
anche se la corea del nord incontra la cina. che vince. e credo che i dissapori tra gli uni e gli altri siano ormai decennali.
emirati arabi uniti e qatar invece è la sfida che ti fa pensare ai soldi. che abbiano vinto i primi è un dettaglio statistico minore, un 4 – 1 per il quale a ogni rete festeggiavano con stelle filanti dorate. arabi e arabi che distribuivano lingotti d’oro al posto di strette di mano o applausi.
è sabato mattina quando mi sveglio e mi ricordo che c’è la finale di coppa d’asia. australia e corea del sud se la stanno giocando e penso a quanto faccia strano che dall’altra parte del mondo la gente viva incurante di ciò che accade persino nell’appartamento vicino.
ovviamente me la guardo e l’australia è fresca vincitrice di questa asian cup 2015, battendo nei supplementari una buona korea del sud per 2 -1. e sì che i socceroos si erano sganciati anche dalla oceania football confederation nel 2006 per tentare di rientrare in un calcio meno marginale al quale era abituato.
australia che noi imberbi infanti degli anni ’70 conoscevamo solo perché il padre di georgie era stato deportato proprio nella terra dei canguri, essendo l’isola colonia inglese e utilizzata come carcere, la qual cosa allora poteva anche sembrare edificante (immaginare che un cartone animato avesse anche una funzione didattica è roba davvero di altri tempi) se non che georgie fu educativo anche in altri argomenti sciorinando domande ingenue a genitori che, imbarazzati, borbottavano qualcosa di incerto cambiando abilmente argomento, o, nella peggiore delle ipotesi, spegnendoci la tv seduta stante. domande poi su chi fosse più troia tra georgie e candy accendevano aperitivi nell’età adulta il che è sufficientemente eloquente di come cartoni animati come quelli quantomeno portavano a porci domande magari precoci, ma certo non un azzeramento cerebrale come peppa pig.
australia che di fatto è anche diventata la nuova america: chi di voi non ha un’amico che si è trasferito laggiù?
australia vincitrice di un’asian cup di cui non è arrivato nulla dall’altra parte del mondo. non paragonabile al mondiale del brasile nel 2014, certo, ma è passato inosservato persino il pallone ufficiale. eppure il brazuca di brasiliana memoria e di significato molto territoriale (orgoglioso di essere brasiliano) aveva addirittura un account su twitter, mentre il bistrattato pallone dell’asian cup è stato solo preso a calci. per non parlare di argomenti mediatici di assoluta irrilevanza che hanno alimentato brazil 2014, tipo per esempio la sfida infinita tra adidas e nike come sponsor tecnico. annoiati mortalmente da una finale che dopo quel 7 – 1 di germania – brasile aveva ucciso la competizione, i giornalisti stufi a sufficienza di elefanti e tartarughe che pronosticavano il vincitore (e all’unisono rispolveravano le abilità balistiche del rimpianto polpo paul), non trovarono di meglio che analizzare che la grande sconfitta del mondiale era la nike perché in finale c’erano squadre sponsorizzate dal’adidas. allora se la mettiamo su questi livelli, l’asian cup è stravinta dalla nike perché sia corea che australia vestivano il baffo americano. e anche il pallone era nike, giusto per completezza. niente, nemmeno una stupidaggine come questa.
per non parlare poi dei cosiddetti “addetti ai lavori”, almeno quelli ufficiali, perché invece il sito bibbia crampisportivi (che ufficiale non lo è proprio) al contrario ne scrive qui con la solita arguzia di informazioni davvero succose; di calcio e di tg sportivi ne guardo a iosa finanche leggo la gazzetta al bar la mattina e i siti web di calcio ma niente, nessuna notizia in tempo reale. se c’era qualcosa erano trafiletti lasciati in quell’angolo della pagina che la psicologia gestalt ti ride in faccia e, sempre se c’erano, arrivavano il giorno dopo. le uniche notizie di cui ho sentito parlare si contano sulle dita della mano.
tipo il primo e unico gol segnato dalla palestina di cui sopra.
oppure l’episodio del bimbo dodicenne raccattapalle che indica al portiere della cina dove buttarsi sul rigore dato all’arabia saudita, parato, e con il quale salva il prezioso 1 – 0.

e ultima, la notizia del favoritissimo giappone che esce ai rigori contro gli emirati arabi, rigori sbagliati dagli eccellenti kagawa (del borussia dortmund, quello che fa segnare immobile e reus per capirci, uno che si comporta come un bel numero 10 all’antica) e honda, il cui nome (e notizia) servivano solo da traino al servizio di studio sport sul disastroso milan di inizio 2015.
e anche nella sua conclusione, l’unica notizia è un tweet della FIFA che annuncia la vittoria dell’australia. nulla di più.
e non sorprendiamoci se un giorno un mondiale verrà giocato nella terra dei canguri. certo, i gialloverdi hanno vinto meritatamente, senza aiutini, il che rende ancora questo calcio un po’ bello e magica la sua imprevedibilità, come ogni sport, lontano dai magheggi che esistono e che non vediamo.
e se un giorno anche solo una partita di calcio avrà un significato diverso da quello che appare, sapete perché bambini di tutto il mondo.

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