rosa cenere nel giorno della memoria

Rosa Cenere

la mia generazione, quella dei nati tra la metà dei ’70 e gli inizi dell”80, era quella di mezzo.
forse solo genitori molto vecchi e nonni ancora vivi si ricordano la coda di quegli anni; i miei genitori, per esempio, nati a cavallo dei ’50 hanno goduto del ritorno economico del dopo guerra, vivendolo nel pieno come pochi. erano giovani quando erano giovani i beatles e hanno visto molte cose che, a pensarle adesso, fanno un po’ invidia. ma tutto lo splendore economico dalla fine della guerra finanche oltre gli stratosferici ottanta è stato loro.
a me e quelli della mia generazione rimangono le briciole di quello splendore. a me e a quelli della mia generazione ci hanno lasciato incompiutezza e precarietà.
chiarisco: non mi lamento. ogni vita in ogni epoca è preziosa e se in quel tempo è nato, confido che un senso da qualche parte ci sia oltre a sospettare che la vita sia molto, molto burlona.
eppure, come le cose più grandi di noi e inspiegabili, la Storia con la esse maiuscola ogni anno ci ricorda il giorno della memoria, e una storia che come poche è a tutt’oggi indescrivibile. anche a non averla studiata a scuola la faccenda olocausto e shoah è una roba che ti fa venire i peli alti sulle braccia così, è una di quelle pagine nere che più ne sai più rattrista e disgusta.
e almeno in questo, se charlie hebdo e il suo hashtag jesuischarlie è già passato di moda, il mondo mi dà speranza e mi sorprende nel ritrovarsi unito nella memoria di quella pagina che avremmo preferito non fossero mai scritte.

sulla porta di casa, io e l’ila abbiamo attaccato dei post-it sui quali abbiamo scritto i luoghi che, un giorno, vorremmo vedere. abbiamo cercato di dare loro una scala di fattibilità, cioè luoghi da fine settimana piuttosto che viaggi impegnativi e dispendiosi. e anche una scala di tempo. tipo uno è andare a costruire un ospedale in africa: chiaro che tocca farlo il prima possibile perché se io a 39 anni, ciclicamente, mi blocco la schiena per la sciatica, tè f’è da bon che riesco a farlo tra dieci anni? figurarsi.
uno di quei bigliettini è il mio. solo una scritta, peraltro scarabocchiata perché sono un ignorante: auschwitz. e un giorno ci andrò.
mi chiamò tanti anni fa e io sentii che dovevo andarci. non so quando riuscirò a farlo, ma finora quei bigliettini molto, molto lentamente li stiamo barrando, quindi suppongo che prima o poi mi porterò nel cuore questa esperienza.
la storia, l’ho sempre detto, la storia è importante; non è necessario conoscerla, è DOVEROSO, perché ci porta nel futuro e la si può reinventare.
un anno fa partecipai alla mostra “rosa cenere” (ne scrissi un articolo qui).
oggi quella mostra è diventata itinerante e scopro che debutta a trieste al knulp proprio oggi dalle 19 (qui sotto l’articolo apparso su “il piccolo” a opera di corrado premuda).

rosa-cenere-giornalesarà lo shock dell’ennesima partita persa dal milan, sarà il vino che sto bevendo, ma fa specie pensare che qualcosa di tuo vada avanti, oltre il tuo controllo. di poche cose sono orgogliosa nella mia vita, ma ultimamente la classifica si sta riempiendo per bene. e l’aver partecipato a questa mostra collettiva è una di queste. quindi, se passate da quelle parti, la mia illustrazione è quella che apre questo articoletto.
per non dimenticare, bambini di tutto il mondo.
mai.

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