il giorno della memoria

Rosa Cenere

difficile, difficilissimo trovare un modo per iniziare questo post.
potrei iniziarlo così.
un pomeriggio apro fb e trovo una mail collettiva di jacopo dronio che chiede ai disegnatori ren e ad altri suoi contatti la disponibilità nel partecipare a “rosa cenere”, mostra organizzata dal centro di documentazione del cassero e dai volontari per il giorno della memoria (lunedì 27 gennaio 2014), chiedendoci nello specifico un’illustrazione in bianco e nero e un colore solo, il rosa, simbolo dei gay nei campi di concentramento e l’intenzione, quindi, di ricordare ciò che non solo gli ebrei, ma anche tanti gay, hanno drammaticamente e indimenticabilmente vissuto.
ma no, questi sono i fatti.
potrei iniziarlo semplicemente con una parola sola.
auschwitz.

è sconcertante che una sola parola evochi ciò che il mondo non può e non deve dimenticare. è sconcertante che una sola parola evochi in noi, un noi giovane e che non ha vissuto quei giorni, tutto l’orrore che questa parola, singolarmente, provoca.
non sono tante le parole che da sole suscitano in noi, come una diga rotta, quel senso di impotenza e pietà, quel vuoto che affligge, quel disonore nell’appartenere al genere umano dopo… “questo”.
eppure i forti eravamo noi. e perchè allora la sensazione è di totale debolezza?
io scelgo di illustrare la giovane vita di henny schermann, spazzata via dalle “docce”, dopo una parentesi in un centro psichiatrico. binomio perfetto per la sua precoce morte: lesbica ed ebrea. per i nazisti doveva essere un dubbio disarmante: peggio essere lesbica (e quindi privare il mondo di una progenie) o ebrea (e quindi comunque motivo di eliminazione dalla faccia della terra)?
henny non era bella, dava l’idea di una azdora ma colta, e nonostante il divieto coraggiosa, perchè continuava a frequentare segretamente i locali gay banditi, quelli per intenderci che esistevano prima (e anche un po’ dopo) “stonewall”.
e non nego di aver sofferto, di aver sofferto tantissimo nel cercare di ridare un’anima a quella vita spezzata.
mi hanno fatto male le foto che ho ricercato e ritornare a vedere i panorami di auschwitz, quelle case in legno e quelle canne fumarie di mattoni.
povera gente.
mi si spezza il cuore.
eppure, ho voluto disegnare la mia henny non distrutta e non magrissima prima della sua morte, ma orgogliosa di ciò che era, nella sua corporatura taurina. l’ho voluta disegnare vitale, e con uno sguardo potente che mira a un futuro lontano, come a dire: io me ne vado, ma qualcosa di me resta.
e sì, è restato.
per non smettere di lottare mai contro questo genere di orrori, per non dimenticare mai ciò che la cattiveria (e debolezza) degli esseri umani ha generato.
questa è la mia henny.

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