prima di passare a bevande più raffinate e soprattutto alcoliche per raggiunta maggiore età, c’è sempre stata lei nei nostri ricordi infantili: la coca-cola.
non c’è bambino al mondo nella società privilegiata della globalizzazione che non l’abbia bevuta e abbia lottato incessantemente con i genitori per poterla bere ogni qualvolta si usciva fuori casa.
non c’è un ricordo ormai sfocato di quando si era piccoli che non abbia la coca-cola come bibita. non c’è un compleanno nel quale non ci sia, anche all’alba dei quaranta, perché gli amici a loro volta hanno figliato e ciao.
la coca-cola: gassatissima, color marrone scuro che negli anni è diventato color coca-cola, quel gusto zuccheroso che in caldissime giornate estive dà l’illusione di freschezza, l’unica bibita che come la si stappa fa quell’onomatopea inconfondibile e che appena ne bevi un sorso dici: ahhhh….
non bevo coca-cola da milioni di anni. o meglio, da oggi, mentre abbozzo questo post: un’amica ha lasciato a casa una bottiglia durante una pizzata e a qualcuno toccherà pur berla. mi sono sentita come anton ego quando in “ratatouille” della pixar assaggia appunto la ratatouille: ricordi trentennali ormai (sigh) di luna park che non esistono più, cene con amici di cui non ho più idea di dove siano finiti, bottigliette stappate prima che la bottiglietta di vetro simbolo assoluto della coca-cola ritornasse sugli scaffali dei supermercati.
la coca-cola nasce nel 1886 ad atlanta inventata dal farmacista john stith pemberton che invece di fare un favore alle cure omeopatiche (nasce come medicinale per alleviare mal di testa e stanchezza) ha condizionato più di un secolo con coliti e gonfiori di stomaco che nemmeno la birra. la miscela che subisce anche variazioni è principalmente composta da noci di cola e foglie di coca (da qui il binomio del nome) fino a che pemberton, condizionato dai debiti per portare avanti le sue ricerche anche perché nel frattempo la coca viene bandita dal mercato, vende formula e nome a un uomo d’affari, asa candler, che ne fiuta il potenziale di quella che poi si è trasformata in bevanda negli anni di studi. e il resto, come si suol dire, è storia. il suo successo è a tutt’oggi incondizionato e ancora oggi, nel 2014, la coca-cola è una delle bevande analcoliche più bevute nel mondo.
e, da sempre, uno degli aspetti fondamentali ne è stata la forma unica delle sue bottigliette e la sua pubblicità.
il primo prototipo fu modellato da earl r. dean che nel 1915, prendendo spunto da un bacello di cacao, fu inizialmente scartato perché impossibile da adattare alle macchine imbottigliatrici dell’epoca, se non che, ulteriori studi sulla base delle forme di mae west e del suo abito aderente chiamato hobble skirt, ne decisero un secondo nel 1916 che fu poi quello che conosciamo ancora adesso, quelle bottigliette contour che quando le stappiamo ci fanno tornare bambini.
e le sue pubblicità hanno senza dubbio lo stesso effetto.
quella degli anni ’80 credo sia una dei ricordi più indelebili per quel che riguarda le pubblicità, insieme a quella del pennello cinghiale.
semplice nella sua breve durata (poco più di trenta secondi), i ragazzi inquadrati che probabilmente oggi sono signori sui sessanta erano l’esatto specchio dei tempi: c’è il ragazzo palestrato con la maglietta da football americano, la hippie con le trecce, la ragazza con i capelli cotonati e un’altra molto ali mcgraw (la jenny di “love story”) e tutti tengono queste candele in mano, bianche e pure, facendo oscillare la loro fiamma cantando un’innocua e mesta canzoncina che fa tanto natale.
salvo poi creare suicidi di massa dai cinque anni ai quattordici quando, non solo la scoperta che babbo natale non esiste ha sterminato bruscamente la magia infantile, ma quel personaggio baffuto al quale si scrivevano interminabili letterine chiedendo regali fuori da ogni crisma, era stato inventato proprio per una di queste pubblicità della coca-cola. cioè, abbiamo vissuto nella menzogna fino a pochi anni fa, quando la notizia è stata diramata.
creata negli anni ’30 per una pubblicità natalizia che potesse essere efficace, la coca-cola vestì con i “suoi” colori l’ometto con la barba bianca e una pancia importante che nell’immaginario avrebbe dovuto essere san nicola. nonostante l’icona di babbo natale come la conosciamo oggi sia stata disegnata da thomas nast, illustratore satirico dell'”harper’s weekly” non cambia che, dopo quella pubblicità, babbo natale è vestito ancora oggi con i colori bianco e rosso della coca-cola e non c’è mai più stato un altro babbo natale per tutti noi se non quello creato dai maledetti della bibita gassata. peccato che ciclicamente gli attori che interpretano i babbi natale ci lascino per un mondo senza coca-cola. l’ultimo è john moore, inglese di 85 anni che quando non vestiva i panni del babbo natale della coca-cola faceva il tassista e il barista.
i suoi slogan poi dall'”enjoy” del 2000 al “vivi il lato cola-cola della vita” (del titolo di questo post) del 2008 all’intramontabile “always coca-cola” del 1993 che è durato più di un lustro ci hanno accompagnato instancabilmente mescolandosi a quelli della nike e facendoci una gran confusione in testa.
le pubblicità vintage peraltro hanno lievitato il conto in banca dei negoziati di modernariato, i quali li conservavano insieme a quelle del cinzano e dei vecchi telefoni a gettoni con il bottone giallo e hanno trovato pareti di case di gente evidentemente nostalgica o alternativa ad accoglierle.
mentre le collezioni tra lattine e bibite sono innumerevoli. a ogni evento sportivo, dai mondiali di calcio alle olimpiadi coca-cola ne fa uscire delle edizioni speciali. tra le tante:
le bottigliette da collezione per i mondiali in brasile del 2014,
per le olimpiadi a londra del 2012,
queste altre invece per gli europei del 2012 che dimostrano quanto coca-cola tifi italia.
ultima è quella dei nomi e delle citazioni sulla fascetta per cui caparezza ha fatto causa pretendendo di togliere dal mercato il suo “fuori dal tunnel” perché non gradiva che il suo verso (e soprattutto la sua persona) fosse abbinata al nome bianco su fondo rosso. le malelingue dicono che il tipo che l’ha inventata lavorava per la nutella la quale non trovò l’idea così significativa da poterla utilizzare per una pubblicità e lui, offeso, se ne andò proponendola alla coca-cola, che al contrario la utilizzò subito. la versione ufficiale dice invece che la nutella tramite un’iscrizione sul suo sito aveva già iniziato in altri paesi d’europa a mettere il nome sulla fascetta (e come al solito quando è arrivata in italia la coca-cola aveva già fatto il boom) e che la spediva a casa direttamente. nutella che, suppongo, se ne sia pentita l’anno dopo, o quantomeno ha maledetto i tempi lunghi dell’iniziativa, considerato che non solo l’ha comunque proposta anche in italia ma soprattutto vedendo l’effetto della curiosità della gente che, a prescindere, piuttosto svuotava il frigo degli autogrill pur di trovare il proprio nome.
e non si limita solo allo sport ma a tutto ciò che può essere moda o figo.
le ha fatte moschino
e marc jacobs,
e chissà quanti altri dopo che la coca-cola light era quella scelta e che si prestava maggiormente al nuovo mondo salutista americano.
nei miei ricordi gassati e di foto scattate con la polaroid, lo vedo ancora, il cubo che girava sopra al bar del 28 a rimini, quello che oggi viene chiamato “nettuno”. quando sei piccolo e inizi a scoprire le vie della città dove sei nato, gironzolando in bicicletta, quel cubo della coca-cola era il faro per farmi capire quanto ero vicina o lontana e mi ha fatto ricordare per l’eternità che la piazza sulla quale si affacciava girando e girando anche in inverno, era piazzale kennedy.
e nelle poche cose che si sanno in questa vita, vivere il lato coca-cola bambini di tutto il mondo significa che noi ce ne andremo prima o poi ma la coca-cola no. lei resterà per sempre. il che è abbastanza agghiacciante, molto di più della bottiglietta nel ghiaccio delle pubblicità e della famigliola felice che la beve.
e chissà quanti altrie nelle poche cose che si sanno in questa vita, vivere il lato coca-cola bambini di tutto il mondo significa che noi ce ne andremo prima o poi ma la coca-cola no. lei resterà per sempre. il che è abbastanza agghiacciante, molto di più della bottiglietta nel ghiaccio delle pubblicità