Sabato 14 marzo 2020 Nicola Sgarbi si scatta un selfie. È a fine turno, esausto, delle prime pandemie mai viste e vissute del nuovo millennio. Gli italiani sono in quarantena. I medici, gli infermieri, gli oss, tutti gli operatori degli ospedali sono al limite. Figurina #112 S2.
Non è uno abituato a farsi i selfie, ma quel giorno, sabato 14 marzo 2020, decide di scattarsi una foto con lo smartphone.
È uno dei primi sabati che si passano in casa, il secondo per la precisione e le dirette IG e Facebook impazzano; il sabato poi Boss Dom e Jo Squillo si esibiscono in dj set che fanno sentire meno soli.
C’è ancora il sentimento del non capire cosa accade, perché accade, c’è ancora lo shock dopo uno schiaffo e l’incredulità del dolore che inizia a pulsare. Ma non si è consapevoli e si ha paura. E le urla sono vuote, e silenziose.
Il ragazzo si chiama Nicola Sgarbi. E lavora in ospedale.
Gli occhi sono arrossati, naso e guance segnate dalla mascherina indossata per 13 ore di fila in terapia intensiva.
Gli occhi hanno una profondità che solo quelli bravi possono cogliere e io, non essendo tra questi, non riesco a disegnare il mondo che hanno visto, quell’orrore e quella disperazione che potremmo immaginare e che non vogliamo fare, non ci è possibile fare, ma che probabilmente hanno già segnato lui, per sempre.
Il volto è scavato ed esausto, la barba incolta e lasciata crescere, dietro mattonelle di uno spogliatoio, bianche e bordò in perfetta cromia con le sue ferite.
È appena un mese fa eppure sembrano anni. Lenin scriveva: “Ci sono decenni in cui non succede nulla e ci sono settimane in cui accadono decenni”. Appena 30 giorni fa del coronavirus si sapeva ancor meno di oggi, negli ospedali si parlava di tsunami e dei turni estremi degli operatori; poi apparvero i primi selfie, tra i quali questo, apparvero le notizie delle condizioni in lavoravano e vivevano.
Si iniziò a chiamarli “eroi”.
Poi arrivarono altri eroi. C’è sempre bisogno di focalizzare qualunque cosa, un nemico, una speranza, ed è curioso che sia una cosa così piccola e invisibile che ha fermato il mondo, una cosa alla quale dare forma, bisogna dargliela altrimenti come si fa a urlare contro niente all’aria? Mica si è tutti Don Chisciotte.
Chissà lui, dopo un mese, come sta.
Sembrano davvero passati decenni.