Un pacco consegnato dal postino.
Dentro, un nuovo ritorno che mi emoziona.
È arrivato “Le Mele Magazine”, il numero 5.
La musica del CD nella radio portatile è quella degli Autonomics, un gruppo di Portland, Oregon, scoperto per caso in una cantina a Montecarotto.Mi ha ricordato la musica che mi piaceva ascoltare: avevo dimenticato la bellezza dell’ascoltare la musica dal vivo, musica che si ascolta per la prima volta e la si scopre, piacevolmente sorpresi.
Crescendo si perdono tante cose, la musica è stata una di queste: a un certo punto non ho più saputo quale musica nuova ci fosse – la radio passa solo musica rumorosa, nulla di epico o fondamentale -, così un mondo andava avanti e io non volevo fermarmi a quella musica passata, mi sembrava di rimanere ferma, e non volevo ristagnare. Ho semplicemente smesso di ascoltare musica nel vero senso della parola, nel gusto di scegliere un CD e perdercisi trasportati dai bassi, dalle chitarre, dalle parole.
È come l’emozione dell’averti ora, qui, tra le mani mentre ti sfoglio, quelle sensazioni così lontane, come quella musica, e ti ritrovo. O forse ritrovo me stessa in quella dimensione a me così consona.
Ritrovo le “mie ragazze”, il loro universo, le ritrovo adulte in un percorso simile al mio, un 4.0 collimato nell’essere sempre e comunque se stesse gallery (perché è anche una questione di abbigliamento). Quante volte troviamo un maglione o un paio di jeans o un paio di scarpe che ci riportano a quel dato momento? Raccontavo sempre di queste cose, con quel mio modo struggente da fine definitiva.
Pensavo che anche Le Mele fossero finite e invece no, si sono solo trasformate, come quei mobili della nonna a cui dai nuova vita sotto le mani sapienti di artigiani che soppesano quel legno intagliato e che è pieno di storie sussurrate.
Ritrovo me stessa a raccontare ancora quei momenti.
E mi è piaciuto, mi è piaciuto un sacco.
Come spero piaccia a chi lo conosceva prima, Le Mele, e riesca a leggere queste nuove.
Intanto gira il CD che finisce.
Ma allungo l’indice e ricarico il “play”.