Colombia – Messico 1 – 1

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Colombia – Messico si gioca martedì 9 giugno allo stadio omonimo di Moncton.
Sono le 22 di sera ora italiana e rispetto all’orario della FIFA  – che la faceva iniziare alle 21 -, in realtà è in contemporanea con Spagna – Costa Rica.
Lo ammetto, ho provato a fare zapping, ma il rischio era di non riuscire a seguire decentemente nessuna delle due partite. Così, ho dovuto scegliere. E ho scelto le due esordienti alla fase finale di un Mondiale – (in diretta) e quindi una partita storica per le statistiche – e la Spagna: ragioni di cuore e di ricordi (sono tornata da tre settimane dal Cammino di Santiago e in Spagna ho vissuto nell’ultimo mese e mezzo).
Anche se il fascino di Colombia – Messico era superiore. Intanto mi domando sempre a quale livello di insulti arrivino a lanciarsi visto che, con le dovute differenze, parlano tutti spagnolo e poi il derby tra le due sudamericane mi ispirava grazie a un servizio andato in onda su FOX nel pre partita e nel quale alcune giocatrici messicane raccontavano la loro avventura canadese, le loro speranze e le loro sensazioni. Il servizio è stato semplicemente bellissimo; immagini di partite della nazionale azteca alternate alle ragazze intervistate tra cui ho riconosciuto il portiere Cecilia Santiago e l’attaccante Charlyn Corral. Conoscevo la Santiago per le parate feline che aveva compiuto nell’amichevole pre Mondiale contro gli Stati Uniti, parate che non hanno evitato comunque cinque rete ma che, senza, avrebbero reso il passivo molto più imbarazzante. Invece il Messico è uscito a testa alta con una straordinaria Santiago che ha ricevuto complimenti su complimenti. L’ultima volta che ho visto una roba così – parate di quel tipo intendo – è stato durante Brasile 2014. Vi ricordate quella partita di notte tra Costa Rica e Grecia e Keylor Navas che saltava ovunque nemmeno fosse Ed Warner della Muppets? Ecco, la Santiago mi ha ricordato quell’immolarsi alla causa, con un cuore e una passione che, oggi, francamente vedo molto poco nel calcio moderno, quantomeno quello professionistico maschile. Ma questo è calcio femminile, un altro sport, un altro pianeta.
Le parole più belle dell’intervista le hanno dette proprio le uniche due giocatrici che ricordavo di quella partita; e lo hanno fatto con un’onestà e un’umiltà che mi hanno rapita. Hanno detto delle difficoltà dell’essere donne e giocare a pallone; hanno detto della situazione in Messico; hanno detto che sì, sono lì a giocare, ci credono nella misura in cui sanno che usciranno prima di altre e che la finale è utopia; hanno detto che comunque vada, loro sono lì a giocarsela e il loro esempio può essere di aiuto a ragazze a cui piace giocare – e che vengono discriminate per questo – e convincerle che ci possono essere delle possibilità, che perseguire la passione è possibile, che loro sono in Canada a dimostrarlo. Detto poi dalla Santiago, talentuosa e svincolata e al momento senza squadra, be’, è più che ammirevole: è eroico.
Inutile aggiungere che già mi stava simpatica dopo il 5 – 1. Ora seguo lei e il suo Messico con sincera simpatia e curiosità.
Confesso anche che della Colombia non sapevo molto di più se non che Lady Andrade, la numero 16, era saltata agli onori della cronaca in un USA – Colombia alle Olimpiadi di Londra 2012 per aver tirato un cazzotto in faccia a Wambach e, per chi ha seguito la vicenda, l’occhio gonfio e nero della 20 americana  – virale negli States – aveva suscitato parecchio odio per quella sconosciuta colombiana che aveva commesso quel gesto ingiustificabile, antisportivo e violento. Non molto di più purtroppo, per un movimento difficile da seguire nonostante le risorse che internet può offrire.
Nei 20 gradi di Moncton, in una giornata dal cielo grigio – c’è mai il sole a Moncton? inizio a domandarmi -, le famiglie e i bimbi sorridenti assistono a questa gara che, a guardarla da lontano, ha un sapore esotico.
Colombia e Messico sono due buone nazionali; allenate bene e con una discreta tecnica che ne permette una certa qualità compatibilmente con ciò che passa la Federazione per la crescita del calcio femminile nei rispettivi Paesi. Essendo femminili, c’è un aspetto che normalmente non si considera quasi mai proprio perché, quando lo si fa per le squadre maschili, in un qualche strano modo, non è la ragione principale per giustificare una sconfitta o altro, ma si preferisce parlare di moduli, uomini, schemi e finanche degli scarpini sbagliati. Nel calcio femminile si può e non è nemmeno una causale grave, almeno nei commenti dei telecronisti colombiani, e se ne parla normalmente come dovrebbe essere: la fiducia in se stesse. Fa molto donna, l’autostima bassa, e sia Colombia e Messico soffrono entrambe di questa incapacità nel credere al cento per cento che, con la giusta dose di coraggio, possono imporre il loro gioco e persino sfiorare l’idea di vincere. Psicologicamente le donne soffrono di più e questo è evidentissimo: ecco perché la vittoria della Colombia sulla Francia ha quel che di epico.
La certa qualità di cui sopra c’è, anch’essa è ben chiara e ciò che sorprende maggiormente è anche questo: il livello è alto. Bisogna lasciarsi scivolare addosso l’influenza del maschile e osservare questo Canada 2015 per ciò che sta facendo vedere: il livello è alto, potenzialmente potrebbe essere veicolo di rivoluzione. E stiamo parlando di ragazze i cui campionati sono a metà tra il parrocchiale e il dilettantismo.
Appurato che a Moncton non c’è quasi mai il sole, la partita passa alla storia per il primo caso di rete segnato e concesso sulla base della Goal – Line Technology tanto voluta dal remissionario Blatter. Questa cosa della GLT, alla luce dei fatti recenti, insinua il dubbio che Blatter lo abbia fatto più per salvare la faccia che per un’utilità dovuta, considerate le manovre spesso poco cristalline del vecchio padre padrone politico della FIFA.
Al 36simo del primo tempo, su un calcio d’angolo a favore del Messico – vestito con la seconda maglia amaranto -, un nugolo di giocatrici battono e ribattono vicino alla linea di porta prima che la palla venga calciata lontano. Le messicane esultano, le colombiane attendono, anche se l’espressione sconsolata della numero 1 dei Cafeteros – altra cosa bellissima della telecronaca colombiana, per loro la nazionale maschile e femminile si chiamano allo stesso modo – è eloquente. L’arbitro convalida la rete: 1 – 0 per il Messico.

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Il secondo tempo è molto bello. Colombia e Messico tornano in campo nei loro classici 4 – 5 – 1, la prima, e 4 – 4 – 2, la seconda. E, semplicemente, se la giocano.

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Se le colombiane prendono un palo alla ricerca del pareggio, alle messicane viene annullata una rete quando la parità è già arrivata. Parità che arriva all’82simo con una mina della numero 6 colombiana Daniela Montoya che raccoglie un pallone da un contrasto fuori area e sgancia un bolide che si infila nel sette sotto la traversa imprendibile per la sempre brava Santiago.

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L’abbraccio a fine partita tra i due allenatori Leonardo Cuellar e Fabian Taborda – rispettivamente Messico e Colombia – ha un significato più grande dei sinceri complimenti canonici di fine gara. Come spesso accade è possibile che siano scarti del maschile, commissari tecnici e allenatori che non ce l’hanno fatta ai piani alti, ma apparentemente tengono alle ragazze come fossero qualcosa ancora da modellare e curare con pazienza e amore.
Ma la vera differenza credo sia nella Team Line Up di presentazioni di giocatrici e moduli. Osservate lo sguardo della Corral: sono occhi cristallini, in pace. Non si vedono mai occhi così a un giocatore.

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E probabilmente sì, anche a me queste ragazze messicane infondono quella speranza che avevo perso anni fa. Mi fanno ricordare quando osservavo gli Stati Uniti nel lontano 1999 e mio zio me lo ha sempre detto che dovevo andare a studiare in America e giocare all’università lì. Non ho rimorsi ma guardo le messicane, mi rispecchio nei loro occhi e il grande esempio che stanno lasciando alle generazioni future. E spero che anche in Italia, prima o poi, si arrivi a quegli sguardi in un Mondiale.

(le foto sono tutte mie. quelle, per una volta, non sfocate non ho idea di come sia riuscita a scattarle. la foto di quando cliccate sotto il titolo è tratta dal sito fifa.com)

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