il fumetto d’avanguardia di gianni de luca

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in un’epoca editoriale nella quale si pubblicano valanghe di fumetti, nemmeno la metà riescono a sopravvivere oltre l’anno solare e vengono seppelliti da altri effimeri fenomeni, per poi essere lasciati impolverare a loro volta negli angoli più bui delle librerie.
il che genera qualche riserva sulla scuola di pensiero che fomenta il mio “demone”, ossia considerare il fumetto un’arte alta e quindi i libri che meritano davvero una pubblicazione e che diventano i libri indimenticabili, per non dire fondamentali.
purtroppo non vivo in un mondo ideale nel quale l’arte è arte e come tale viene considerata.
purtroppo vivo in un mondo caotico che dà alle stampe qualunque cosa, saturando il mercato e quando esce davvero un libro e un fumetto (che meritano persino la definizione) vengono soffocati da un meccanismo malato e poco funzionante.
ora, di libri piacevoli ne sono usciti, certo; è innegabile che la qualità visiva si sia evoluta e così anche libri con storie che qualche anno fa non si sarebbe mai avuto il coraggio di pubblicare.
probabilmente sono strana io e sicuramente anticonformista, eppure guardo la mia libreria che straripa di libri e fumetti e osservo le coste colorate e l’occhio cade sempre lì.
sui fumetti di gianni de luca.

sono i fumetti che sfoglio e che in me stimolano il mio “demone”, quelli che mi fanno dire che questo lavoro lo voglio fare e voglio scrivere e disegnare storie belle. possibilmente indimenticabili.
sono i fumetti che, dopo tutti questi anni e dopo rivoluzioni e cambiamenti e maree di pubblicazioni, sono ancora freschi e coraggiosi, talmente all’avanguardia che a tutt’oggi non sono ancora capiti.
e infatti, sono dimenticati.
se gianni de luca avesse avuto in vita solo un terzo dell’attenzione che ha ricevuto da morto (riscoperto tanti lustri dopo la sua dipartita), forse riposerebbe un po’ più in pace.
sfoglio i suoi fumetti e le sue architetture teatrali e il suo segno rapiscono in una lettura che forse oggi per molti sarebbe addirittura vetusta, ma limpida e innegabilmente affascinante.

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ci si perde in linee e segni profondi e in puntinati in un fumetto che io considero alto. questo sì.
ed è curioso che dall’anno della sua morte, nel 1991, venisse ristampato solo nel 2004 dalla oggi defunta anch’essa black velvet nella raccolta in quattro volumi de “il commissario spada” e solo nel 2012 nei volumi (che lo hanno portato nell’olimpo dell’ESSERE disegnatori di fumetti) dei riadattamenti delle tragedie shakespeariane.
cioè, dal 2004 i libri di cui io vado più orgogliosa di aver speso soldi, sono i fumetti di gianni de luca.
un perché ci sarà.
dietro alle mode e ai fenomeni del momento, gianni de luca dovrebbe avere un suo museo permanente come maestro indiscusso di ciò che è davvero il fumetto. bisognerebbe celebrarlo costantemente rimpiangendolo costantemente.
perché uno come lui, anche oggi, avrebbe fatto il culo a tutti noi disegnatori moderni.
lo definiscono classico.
chi ne capisce di fumetti, relegarlo nella categoria classico è solo una questione temporale.
perché è morto e i morti non possono parlare e non può più deliziarci con nuove storie.
non solo classico non lo potrà mai essere (come pazienza d’altronde), ma soprattutto per definirlo tale sarebbe dovuto essere capito prima. e lo ripeto: a tutt’oggi non lo è ancora stato.
se non fosse stato per de luca, molte delle soluzioni grafiche che si vedono oggi nella composizione delle tavole e che fanno gridare al genio di turno, non si sarebbero mai viste.

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se non fosse stato per de luca, molti segni e virtuosismi del disegno, difficilmente ci sarebbe stata.

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se non fosse stato per de luca, il bianco e nero scavato e pieno e a tratti sospeso e sfumato, avrebbe avuto bisogno di altri abissali anni prima che venisse scoperto.

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e infatti oggi si pubblica a colori.
perché il colore sovviene quando il bianco e nero non è graffiante.
certo, anche de luca ha avuto le sue edizioni a colori, colori che contrariamente a fronte di un bianco e nero esplosivo, non solo non lo rendono pomposo ma piuttosto in alcune soluzioni lo rendono oltremodo rivoluzionario.
se vi capita, se lo avete, provate ad aprire qualunque dei suoi fumetti: capirete al volo di cosa sto parlando.
poi, sfogliate un qualsiasi fumetto di oggi, anche uno mio.
e vedrete che il mio lo metterete sotto la gamba di un tavolo traballante, il suo in bella vista in libreria.
sapete, quando si ha vent’anni si ha il sogno di fare fumetti con l’illusione di poter scrivere qualcosa di importante e di poter arrivare magari tra i grandi. e soprattutto di avere quel fantomatico riconoscimento che è insito in ogni artista e che permette di dire che si fa questo lavoro. poi la vita fa capire che l’unica cosa che si può sognare è riuscire a ritagliarsi anche solo un piccolissimo pezzo di quel cielo stellato, nemmeno essere una stella ma si viene piazzati nell’angolino blu scuro in basso a destra.
la prima volta che andai a far vedere i miei lavori era a una lucca di milioni di anni fa e giovanni mattioli sfogliò il mio book e disse: sembra de luca. avevo il tratto molto sottile e molto spigoloso, votato a un realismo che si è smussato ammorbidendosi. io ero giovane e inesperta, che volete, errori di gioventù, e pensai: chi è questo de luca?
non avevo capito.
snob com’ero e credendo fortemente in quello stile così incisivo già allora, non accettavo ben volentieri che venissi paragonata a un altro disegnatore.
non avevo capito.
snob com’ero e inettitudine di tutti i nuovi disegnatori che pensano di essere sempre i più bravi (e poi si perdono nel tempo e peggio si imbruttiscono omologandosi), non avevo capito che mattioli in quel preciso istante mi stava facendo un complimento della madonna.
e oggi, è uno dei ricordi più preziosi che ho.
e sempre oggi mi viene da dire: beata ingenuità infantile, perché de luca lo conoscevo, eccome se lo avevo conosciuto.
quando capii che era lui, impressionanta anche dalla mostra a bilbolbul di tanto tempo fa, un coperchio invisibile ha alzato un vaso di pandora che mi ha riportato immediatamente alla me stessa infante, quando leggevo “il giornalino” e leggevo le storie disegnate da de luca e in me si trasformava quel demone e mi faceva dire, allora come oggi: voglio arrivare a disegnare a questi livelli.
e avevo l’abitudine di strappare le pagine della rivista e collezionarle, facendo una mia casereccia versione rilegata con lo scotch.

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de luca è stata quella molla che ancora oggi arde.
risfoglio quella versione casereccia e sorrido, sorrido perché se mi guardo intorno nonostante i traslochi e semplicemente la vita è l’unica cosa che mi sono portata dietro dall’infanzia (be’ , a parte i poster di van basten), e continuo a rivedere quella mabel così piccola e sognatrice alla quale il mondo non avrebbe risparmiato nessuna botta nei denti finanche infierendo, nella sua cameretta dalla pareti stipate dai poster del milan e di van basten e che leggeva gianni de luca, inconsapevole.
davvero, beata ingenuità infantile.
come quando leggevo topolino e lo stile di cavazzano mi faceva impazzire e non sapevo fosse lui, perché quando si è piccoli si guarda altro e al bar del 18 della spiaggia a rimini compravo gli “eldorado” dell’algida perché sopra c’erano le sue vignette e dicevo agli altri bambini che quello era lo stesso disegnatore che si leggeva su topolino.
millenni fa, mi sembra.
è un peccato vivere in un mondo nel quale gianni de luca, un genio come gianni de luca, venga dimenticato.
è un peccato ma forse in questo mondo qui è la sua salvezza.
perché pochi piccoli e insignificanti disegnatori come me, bambini di tutto il mondo, lo ricorderanno sempre.
e lo celebreranno come merita.

se vi va di approfondire, un paio di link su gianni de luca:

il mondo di gianni de luca, conversazioni sul fumetto

la trasmissione radiofonica “il garage ermetico” dedicata a de luca (che vi consiglio caldamente)

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