Il brutto tempo, il freddo, Natale alle porte.
C’è una sequenza de “Il Giorno più Bello” che passa dall’estate alla primavera, con quello che io chiamo il meccanismo dell'”apri/chiudi”.
Nel mezzo l’inverno, appunto.
Inizia con le scene della domenica della Fiera di San Martino, quello che io ho chiamato in questo fumetto il meccanismo dell'”apri/chiudi”: il vento e il cattivo tempo, la pioggia obliqua – quella antipaticissima che si infila ovunque, anche nei più sottili pertugi di sciarpe e al filo del coppino – nella vignetta successiva è il movimento di un lenzuolo steso, che svolazza sull’asse da stiro il meno increspato possibile.
Il tempo brutto è ritornato – quantomeno le temperature si sono ufficialmente abbassate e l’inverno bussa alla porta insieme al Natale -, va e viene nel cielo che guardo dalla finestra dello studio. E poi la brina, in giardino alla mattina, il fiato condensato in nuvolette di alito vaporose a scaldare le mani a cupola.
Ne “Il Giorno Più Bello”, come spesso succede a molti di noi, Eva ravana nella borsa nel tentativo di trovare le chiavi nella borsa capiente, mentre il vento e la già citata pioggia obliqua piega l’ombrellino di Vanessa.
Un momento, quelli che si pensa non abbiano senso e che, invece, sono tutto. O, almeno, molto del tutto.