Chiudo gli occhi.
Torno alle domeniche mattina con le mie amiche al Bar Vecchi a Rimini, quello vicino al Ponte di Tiberio, quello che nelle belle giornate di sole – vicino alla primavera e nel primo autunno delle estati appena passate -, si riempiva talmente che era difficile trovare un tavolino libero.
In “Io e Te su Naboo” è il bar nel quale Manu racconta a Cecilia del pavone e della struttura del Ponte, per esempio.In quelle mattine, trovare un quotidiano da leggere era un’impresa e ricordo che fu su uno dei giornali cittadini che lessi la notizia di Manuele Fior fresco vincitore del Fauve d’or di Angouleme.
Così come allora leggevo di Manuele, oggi su quei giornali leggo del mio lavoro.
Questo articolo è uscito ieri.
E immagino i riminesi che lo sfogliano, il CorriereRomagna, e magari si soffermano su una pagina completamente dedicata al mio fumetto “Il Giorno Più Bello”.
Per un attimo torno lì, con il mio caffè e le mie amiche.
Come quella volta che mia sorella mi disse: “Oh, sei sul giornale!”
Sempre noi, sempre al Bar Vecchi.
E se riapro gli occhi, ogni tanto penso che noi, quelle ragazze ora donne, siamo ancora sedute lì.