I booklet artistici delle musicassette che registravi da quelle originali

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C’è stata un’epoca nella quale anche registrare le musicassette, così come masterizzare i CD, era illegale. È che non c’era quasi mai la percezione di stare facendo qualcosa di illegale: quando si poteva si comprava l’originale e nell’attesa diciamo che ci si arrangiava, o almeno era una buona scusa da raccontarsi all’epoca. E poi con le musicassette era più facile e francamente non sembrava nulla di proibitivo mettere un pezzettino di scotch sui quadratini bucati nella parte opposta al nastro per avere la propria copia di qualunque musicassetta appena uscita. Musicassetta che registravi nella radio a due scomparti perché il CD sarebbe apparso solo quasi un decennio dopo e quelle radio, a ritrovarle oggi negli ipermercati tipo il Mediaworld o l‘Euronics ti fanno una tenerezza, lasciati lì, soli, a poche decine di euro di prezzo, attorniati dalle docking station – le basi con casse incorporate e ricarica di batteria degli Iphone e degli smartphone -.
Al contrario, era di più difficile digeribilità chi scriveva con una brutta calligrafia i titoli delle canzoni e sul bordo della custodia il nome dell’album e dell’artista, rispetto a quelli che fotocopiavano i booklet e quelli, come me, che li componevano come opere artistiche.
Il fatto di passarci così tanto tempo, tra colla e fotocopie e lettere a trasferelli avrebbe dovuto suggerirmi qualcosa sulla mia vocazione artistica invece di farmi solo pensare che inseguivo il bello e il sublime di turneriana e constableana memoria anche nella creazione di un booklet di una musicassetta copiata. E mi pare evidente, a riprenderle oggi in mano, che gli studi artistici abbiano influenzato molto le scelte delle copertine.
Marche come Maxwell, Basf, TDK e Sony erano più abituali di Apple e Samsung.
Ma erano gli anni ’80 baby e i ’90 erano lì a sorriderci sornioni in attesa di essere vissuti.
Dunque, ecco alcuni esempi di come passavo le mie giornate tra studio, libri, fumetti (disegnarli e leggerli), pallone, mentre la gente normale faceva vita sociale a me sconosciuta fino a che non ho scoperto il vino rosso e la birra.
Per facilitare le cose, perché ne ho trovate a pacchi, di musicassette, le ho divise in quattro categorie: le giapponesi, quelle scritte con l’aiuto dei trasferelli, quelle disegnate a penna e con l’aiuto dei trasferelli, le opere d’arte. Continue reading