Il Giro d’Italia con mio padre

La tappa 12 Osimo – Imola del Giro d’Italia 101 di giovedì 17 maggio 2018 è passata anche da Senigallia, Rimini e Sant’arcangelo di Romagna. Io ero lì, sulla strada, ad aspettare i corridori. Ma avrei dovuto vivere questa giornata con mio padre.

Mi sveglio con il sole.
Oggi il Giro d’Italia nell’edizione 101 passa da Senigallia. Prima però c’è l’appuntamento con la Carovana del Giro che si fermerà poi anche a Fano, Pesaro, Savignano sul Rubicone, Forlì e Faenza.
Leggo sulla pagina Facebook del Comune di Senigallia gli orari e le varie notizie riguardanti l’evento.
Mi sveglio con il sole.
Esco alle 11 per andare alla Rocca Roveresca e aspettare la Carovana. Seguo una fila di persone che passeggiano, sono mamme, tengono bambini per mano e anche gruppetti di uomini. È giorno di mercato, eppure tutto sembra fermo, sospeso in una bolla. Scendo verso il giardino sotto la Rocca e come giro l’angolo vedo una fila di umarell già seduti sulla strada, di fronte alla stazione.
Non so cosa aspettarmi, non ho mai visto la Carovana e nemmeno una tappa del Giro dalla strada.
A un certo punto, un camion all’americana arriva strombazzando e dietro, sfilando, una carovana appunto di auto degli sponsor: c’è musica, una ragazza fa spettacolo come un’animatrice da crociera, c’è Radio2. Poi vengono regalati i gadget: mi accaparro i più brutti mai concepiti. Ma è comunque bello essere lì, vederlo almeno una volta.
Ma.
Poi finisce tutto, la gente si dirama e io origlio i gruppi di signori e umarell che commentano. Mi faccio furba, penso a dove posso avere una visuale bella. Mi incammino e penso a quale angolo battezzare.

Mio padre.
Mio padre mi ha sempre raccontato del Giro e del ciclismo con quel trasporto con cui un Mughini o un Augias raccontano dei libri di Salgari, di ciò che ci vedevano, dei mondi di un’era del dopoguerra quando per i bambini c’erano i fumetti, i libri e l’aria aperta.
Mio babbo mi ha sempre raccontato dell’enfasi, dell’epica e dei panorami.
Avremmo dovuto farla insieme, questa giornata, almeno questa prima parte, ma per il suo lavoro non ce l’abbiamo fatta.
Deve essere generazionale: a lui sono sempre piaciuti i soldatini, i western, le moto e il ciclismo.
Mi ricordo di come diceva di Pantani – forte, fortissimo ma sempre di Cesenatico era (i riminesi doc sono molto territoriali) -, mi ricordo del Giro su Fininvest quando le reti di Berlusconi compravano la qualunque, dallo sport a Corrado, da Pippo Baudo a Mike Bongiorno e il resto, mi ricordo di maggi torridi e campioni a cavallo di un tempo che stava per finire – quello tra il muro di Berlino, Capaci e le torri gemelle -, mi ricordo la spiaggia e la tv, sporchi di crema solare e sudaticci a vedere gente grondante.
Mi ricordo.
Intanto parlo con la gente.
Un anziano mi racconta della Millemiglia, dei ciclisti di una volta (“Eh! Li conoscevo tutti! Passavano da qui e io lo so perché abitavo lì”), dei suoi bei tempi. Attraversa e se ne va al verde dell’omino sul semaforo. Non gli interessa più, il mondo è andato avanti e a lui ormai  che gli importa? (No no, gli importa. Lo vedo poi dopo, sull’aiuola.)
Poi le donne: passano le biciclette? a che ora passano quelli in bici? Il Giro dell’Italia!
La gente in auto che non sa. Impreca e viene detto loro: C’è il Giro!
Mi guardo intorno: la gente che parla come fosse una grigliata, il cartello rosa con la freccia nera che indica la via, uno che mi ha chiesto info e non è molto schietto – ma in questi casi io batto tutti -, umarell con la polo rosa – così, per partecipazione.
Eccoci.
Lo annunciano.
La polizia mette le transenne.
Io ho battezzato la mia curva.
Sento la radiolina della polizia: avvisano che c’è un gruppetto a tre minuti da qui.
Arrivano le moto della sosta tecnica, cioè quegli strani personaggi col casco e la bandiera arancione tesa tra le dita.
L’attesa.
Sai che dietro l’angolo sta per arrivare qualcosa.
E poi il silenzio; sì, il chiacchiericcio ma in fondo il silenzio dell’attesa.
Poi sirene, c’è un momento in cui lo sai che stanno arrivando.
Le prime ammiraglie.
I ciclisti della domenica dietro le transenne.
Quelli veri.
Sono proprio quelli veri.
Eccoci.
Scattano le urla e gli applausi.
Un corridore lancia una borraccia e una mano, che non è la mia, si allunga e la raccoglie.
Avrei voluto vederlo con te bà.
E poi commentare come solo noi. Accidenti.
La domanda è, nonostante il mio sapere: ne riconoscerò almeno uno, di ciclista?

(Passano, il video non mi va per l’emozione, ma sì, riconosco Elia Viviani per la maglia ciclamino del velocista – oro a Rio 2016 per la velocità, ricordiamolo sempre – e me li godo tutti, tutte le squadre in fila indiana e vedo Yates, la maglia rosa. Dura tre minuti e aspetti un’ora, ma che bellezza il Giro d’Italia!)

(Che poi mio babbo mi risponde su Whatsapp e iniziamo uguale a fare le nostre chiacchiere: la RAI odia Rimini, tipo – perché hanno trasmesso le rubriche mentre attraversavano Riccione, Rimini e Santarcangelo e la diretta è partita a Savignano -; vè le strade come le han rifatte bene! eh, io questo inverno ci ho lasciato 180€ di gomme nuove; oh, ma piove! vè Suba Sementi; cose così insomma.)

Sopra, la cicli Mancinelli, una Semprini senigalliese per intenderci (se si sa cosa sia Semprini Cicli a Rimini), veste una bicicletta da corsa molto grande di rosa come il colore del Giro d’Italia e della sua maglia più prestigiosa.
Sotto, umarell in attesa della Carovana del Giro. E io con loro.

C’è anche Jacopo Mosca tra i battistrada. Dietro i carabinieri e la transenna, il tratto di sottopasso che porta alla popolare Rotonda sul Mare di Senigallia. E al mare naturalmente.

Poi arriverà il gruppo, ma lo rivedo solo nei miei occhi e sarà sempre nella mia memoria: la fila indiana della Sky (Froome è davvero alto), Elia Viviani in ciclamino (che armadio di ragazzo), Simon Yates in maglia rosa (piccoletto) e la moltitudine degli altri, eroi in bicicletta.
Ciao Giro d’Italia nelle Marche, ci vediamo spero l’anno prossimo.

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