Camerun – Ecuador 6 – 0

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A Vancouver è una splendida giornata di sole del tardo pomeriggio quando Camerun ed Ecuador scendono in campo per il loro esordio in questo Canada 2015.Siccome un Mondiale suscita sempre una buone dose di curiosità  – ‘che non è che fa parte della tua quotidianità vedere tutti i giorni giocare le Nazionali femminili di Camerun ed Ecuador -, immancabilmente le immagini che hai di questi paesi sono tra le più variegate e condizionate inevitabilmente da quante invece hai visto quelle maschili.
Così, se del Camerun la tua immagine simbolo è il salto in cielo nel colpo di testa fatale di Omam – Biyik all’Argentina a Italia ’90 a San Siro e, anche se sgranate perché avevi 7 anni, l’Italia – Camerun di Spagna ’82, dell’Ecuador pensi all’ultimo Brasile 2014 e, soprattutto, a due tuoi cari amici che là, nel paese dove fanno seccare le foglie delle palme al sole per fare i cappelli Panama, ci hanno vissuto come tu non farai mai.
Ti attraversa la mente anche il pensiero, osservando le squadre sudamericane, la mancanza per esempio dell’Argentina per la quale non te ne fai una ragione. Perché non investono in un Paese che nel maschie ha dato i natali a giocatori come Maradona e Messi?
Domanda superflua se guardiamo alla storia calcistica italiana e ai suoi campioni. Eppure, la bellezza del calcio femminile è anche questo: ti insegna che ciò che vedi nel maschile non è scontato nel femminile (esclusa la Germania).
Al BC Place Stadium di Vancouver anche il pubblico è diverso: gente colorata e festante priva di qualunque malcontento a cui si è abituati nel maschile. E forse, sarebbe anche ora di vedere le due categorie in maniera distinta liberandosi finalmente da paragoni imbarazzanti e pesanti.
Perché in questo Canada 2015, la sensazione è quella di semplici ragazze, atlete, che giocano. Non giocano per soldi, non giocano per la fama e la gloria, giocano con la sincera e innocente passione di bambini che per la prima volta calciano un pallone con quella pura felicità nel compiere un gesto così facile come questo.
Poi i tempi di gioco effettivo: le ragazze giocano, non si rotolano per terra lasciando passare i minuti, non sono cattive o almeno non sempre, non fanno entrate assassine che fanno saltare i garretti e sembra che ci sia uno spirito rispettoso più simile al rugby che non al calcio che conosciamo oggi, fatto anche di veleni, corruzione e irrispettoso.
Una statistica ha rivelato che le ragazze a calcio giocano su 46 minuti almeno 44 pieni, cioè senza interruzioni. È un dato quanto mai confortante e rispecchia un calcio così bistrattato come quello femminile che forse meriterebbe maggiore attenzione.
Nessuna delle due squadre ha una tradizione e una storia diversa da molte altre. Sia Camerun ed Ecuador debuttano a Canada 2015 senza essere mai riuscite in passato a qualificarsi o anche solo a partecipare alla fase finale. In entrambe esistono i campionati di club e sarebbe da domandarsi quante di queste ragazze hanno chiesto il permesso dai lavori o, semplicemente, considerata la giovane età, hanno sospeso temporaneamente gli studi.
La partita finisce 6 – 0 e ciò che emerge maggiormente è l’inesperienza e la poca tecnica di entrambe le squadre. Non ci sono giocate sorprendenti e azioni di gioco costruite con consapevolezza, piuttosto sembrano ventidue ragazze che giocano con le sole basi tipo chi sta in porta para e chi attacca corre e deve buttarla dentro. Certo, il mondo globalizzato rende queste ragazze più sveglie di come potevo essere io vent’anni fa, le rende una strana forma di specchio dei tempi e i loro occhi sono di quelli disincantati di chi sta vivendo un sogno, anche se beccano goleade. Così, le camerunesi sono ragazze tipicamente africane, con le loro pettinature coloratissime e le treccine e le ecuadoriane hanno quei tratti meticci canonici del loro popolo. Il look fa molto ma sono anche ragazze giovani influenzate dal mondo globalizzato con una loro nuova indipendenza e che, personalmente, mi intenerisce.

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Le treccine fucsia della numero 9 del Camerun, Ngono Mani attaccante del Claix Football nella D1 francese, mentre festeggia l’1 – 0.

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La numero 17 Gaelle Enganamouit, attaccante della Eskilstuna United nel campionato svedese, festeggia il 2 – 0. Il suo look: capelli biondi all’aria e testa rasata ai lati e sulla nuca e qui non si vede ma sul braccio sinistro sotto il gomito un polsino di spugna verde con lo stemma del suo Camerun orgogliosamente esibito.

La partita dice davvero poco.
Vince il Camerun anche con l’aiuto di tre rigori inopinabili.

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Il fallo in area che scaturisce il primo dei tre rigori assegnati.

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E la Ngono che applaude la decisione dell’arbitro mentre un difensore dell’Ecuador protesta.

Il tabellino finale parla chiaro: anche se rispetto ad altre partite il numero di ammoniti ed espulsi è praticamente il più alto di tutte le gare disputate fino a oggi, lunedì 8 giugno, messe insieme. La qual cosa è quantomeno curiosa perché, per altro, i falli non sono stati cattivi ma semplicemente un uso corretto del regolamento.

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Il tabelloni finale e notate ammoniti ed espulsi.

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Il capitano dell’Ecuador, Ligia Moreira, al momento dell’espulsione. Ha appena commesso un fallo da ultimo uomo sulla tre quarti ai danni di Enganamouit. Il suo volto si tinge di puro terrore nel movimento dell’arbitro con la mano dietro la schiena sulla tasca dei cartellini.

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Il suo “No No No” è di una sincerità e delusione vera appena vede il colore del cartellino. Il mondo le è appena crollato addosso.

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Mano a coprire gli occhi e disperazione totale in tutti i pensieri che attraversano la mente di un espulso in quel momento: lascio la squadra in 10 (anche se erano già 4 – 0) e, soprattutto, il mio Mondiale minimo è finito.

6 – 0, tre gol a tempo e un’atmosfera che sembrava tutto fuorché quella di una partita di calcio, festante, colorata e gioiosa.

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Il definitivo 6 – 0 della Enganamouit al 94simo.

(Le foto ovviamente sono fatte da me male, molto male.)

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