rimini, lunedì 23 febbraio 2015

il cielo è greve.
minaccia pioggia da un momento all’altro e qualche goccia ci prova anche a scendere.
il vento sferza l’aria, aria che non è diaccia ma nemmeno dolce. è l’aria di febbraio, quella che sai che il peggio è passato e la primavera è dietro l’angolo, quella che non ti spaventa più. certo, sempre coperti, ma non da guanti per come sono freddolosa io che in inverno andrei in letargo in uno di quei sacchi a pelo che tengono caldo oltre il meno zero.
è un lunedì come i miei lunedì di un tempo, quelli nei quali passeggiavo per rimini e la osservavo nei suoi piccoli cambiamenti.
bevo il caffè nel mio baretto di sempre, quel mr.jones vicino alla salagiochi central park che è stata la scenografia di tante domeniche pomeriggio, una scorsa ai quotidiani e alla gazzetta e, poi, ne approfitto per una passeggiata.
la stradina è quella che in bicicletta ho percorso talmente tante volte che se ne si è persa la memoria. mi salutano i muretti, i sampietrini, persino i segnaposti delle auto dell’albergo a sinistra. è una di quelle vie che avevano un suo nome ma oggi è abbinato a un film di federico fellini perché una scellerata toponomastica ha cambiato il senso dei nomi e perché il comune si è ricordato di federico fellini solo molto dopo la sua dipartita. nessuno è profeta in patria, dicono.
hanno aggiunto il divieto di superare il limite di velocità oltre i 30 km orari.
non lo supero.
ma lo supererei, se potessi.
perché laggiù c’è il mare.

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rimini, 23 febbraio 2015. rimini: me lo ricorda anche il marciapiede dove sono.

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si riposano i pedalò e i mosconi, parcheggiati dietro le cabine, nell’attesa del sole e del caldo e del loro rientro in mare.

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l’infanzia di ieri e di oggi a confronto: a destra il delfinario, oggi chiuso, di fronte la ruota panoramica. come (penso) tutti i bambini riminesi nati dai ’70 in poi, anche i miei genitori hanno portato me e mia sorella a vedere i delfini e il loro spettacolo, proprio in quel delfinario nel quale, all’entrata, consegnavano la mantella impermeabile gialla per non farsi inondare dalle onde che provocavano i delfini sbattendo la coda sull’acqua. rivedo una mabel gnoma che sorride e guarda suo babbo, le sue parole dolci che rispondono a un mio lessico fanciullesco che oggi, nella stessa situazione, sarebbe un turpiloquio.

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a sinistra, con riccione alle spalle, c’è il bar peter pan e l’entrata del mini – golf, poi il ristorante i marinai, mentre camminando oltre il delfinario c’è la spiaggia libera e, dominati dalla ruota panoramica, il chiosco di pizzette ok, pizza! di fronte ci si ritrova sotto la bottiglietta di coca – cola dell’eterno bar souvenir. quella mano che tiene quella bottiglietta credo ci sia da che ho ricordi. e quarant’anni non sono pochi. non ho idea di quanti momenti abbia nella mia testa legati al bar souvenir: sono talmente tanti che mi è impossibile raccontarne uno in particolare. caffè bevuti, sigarette comprate, aperitivi sorseggiati sotto il primo sole caldo di maggio, passeggiate sul porto in inverno, autunno, estate e primavera, una pasquetta con i miei e io indossavo dei pantaloni bianchi che seccai in mezzo nanosecondo con mia madre che mi fulminava con lo sguardo, barcolli di rientro dal rock island’s cercando di ricordarsi quale fosse il palo della bicicletta, il 25 dicembre 2009, i giornali e i libri e i fumetti comprati alla libreria a fianco, quella le vele che non esistono più con il suo odore di salsedine e di polvere, il pesce appena pescato comprato dai pescherecci che ormeggiavano davanti al bar e poi e poi. è uno di quei angoli della città dove cresci che è così e continui a vederla così anche se non ci fosse più.

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uno sguardo al porto e il forex di Eron eroso. dio che peccato, ma che gran peccato.

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tornando indietro, verso casa, mi affaccio sulla spiaggia. e anche adesso, fiumi di ricordi che escono come le stelle filanti dal tubo. impossibile riassumere tutto: le fogheracce vissute (e una volta abbiamo cucinato su quel fuoco gli spiedini di pesce), le passeggiate, i baci, l’avventurarsi sugli scogli, gli aquiloni, i primi paganello (il torneo internazionale di freesbee) e poi e poi.

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le foto scattate ai cuchèl, i gabbiani. chiedi a un riminese di trovargli una foto della spiaggia e una come questa qui sotto ci scappa fuori sempre.

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torno indietro passando dalla spiaggia per poi risalire sul marciapiede.
un ultimo sguardo al mare. che sarà pure una pozzanghera ma è il mio mare, quello che ho da sempre negli occhi, quello che mi serviva quando ero giù di morale e dal quale andavo a sfogarmi. ho pianto talmente tante volte da sola davanti a quel mare che non è solo un mare. è il mio. è quello che ti porti dentro fino alla fine. è quello dove hai imparato a riconoscere le purazì (le vongole, chiamate così dalle donnine che le vendevano e che venivano chiamate a loro volta poveracce) e a raccoglierle (e a mangiarle), quello dove hai fatto il primo bagno, nel quale hai imparato a nuotare, nel quale hai fatto i bagni di notte e poi e poi. è il mare della tua vita, anche se ne vedi altri, anche se vai in spiagge paradisiache: è a questo che torni. che detto così pensi chemmeeerda la vita, ma è il cuore che non ascolta. e non ha nessuna intenzione di ascoltare. il mio cuore è davanti a quel mare. punto.

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la macchina fotografica invece è un’altra di quelle cose che hanno vissuto sempre con te. quando ero piccola, sulla rotonda del grand hotel (ha un suo nome naturalmente questa rotonda, ma per i riminesi è la rotonda del grand hotel), era un negozio di rullini, semplicemente. forse vendeva anche macchine fotografiche, ma ricordo l’insegna kodak, sfocata in una foto color seppia della mia memoria diventata così non per via di chissà quali trattamenti digitali, ma per il puro trascorrere del tempo; quello bello, quello che ti fa sentire tutti gli anni passati (anche sulle spalle), quello che ti fa respirare consapevole che hai visto e vissuto in un mondo diverso, una volta.
oggi è stata diciamo “recuperata” dalla fondazione fellini. ma è ancora lì. come nei miei ricordi di bambina.

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il cielo continua a essere plumbeo.
ma non importa.
oggi ho visto il mare.

2 Comments

  • mabelmorri

    eh sì pulcino, ruota panoramica su piazzale boscovich. ovviamente ne sono nate anche delle polemiche, perché le fondamenta del piazzale non sono proprio stabilissime. comunque. ci sarà da almeno qualche anno, mi sembra dal 2010 anno più anno meno. ma ciao pulcino, ma ciao!!!

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