Enero en la playa

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Una canzone, una poesia cantata da Facto Delafè y las Flores Azules dal titolo “Gennaio in spiaggia”. L’ho scoperta, l’ho imparata a memoria, l’ho adorata e l’adoro tutt’oggi.

Di solito lasciano solo la passerella come unico corridoio per arrivare al mare.
In gennaio, nel gennaio in spiaggia, i bagnini hanno già chiuso i lavori di mantenimento coprendo le porte delle cabine con delle assi di legno, il magazzino pieno di pali, dischi, ombrelloni incappucciati e i lettini barricati in altri magazzini, non sempre in una di quelle cabine, perché a metà settembre gli ape facevano avanti e indietro stipati delle sdraio in più.
Le piante sono incellophanate e scotchciate e il bagno sembra decadente.
L’eternit poi impedisce quasi totalmente la vista della spiaggia e del mare, ma si sa, la salsedine logora e l’eternit ripara da correnti d’aria spesso insostenibili.
Ma l’odore del mare arriva anche oltre, negli appartamenti vicini e anche in quelli a cinque minuti in bici.
Il lungomare sembra un villaggio abbandonato del far west nel quale non rotolano le balle di fieno e polvere ma sabbia, in circolo, che attacca tutto. I binari tra un sanpietrino e l’altro sono colmi della sabbia furba che vola e anche i cordoli dei marciapiedi ne assaporano la presenza.
Io, che al mare ci sono nata e cresciuta, non riesco a immaginarmi una vita lontana da quella vista.
Lo cantava anche Loredana Bertè che “Il mare d’inverno” ha la sabbia bagnata, una lettera che il vento sta portando via e che ci sono punti invisibili rincorsi dai cani e stanche parabole di vecchi gabbiani e io che rimango qui sola a cercare un caffè. Cantata da lei, è vero, era il mare d’inverno di una volta, desolato e vuoto, non è che sia poi cambiato molto, anche se un bar aperto oggi lo si trova più facilmente. Il suo mare d’inverno è un’abile concentrato di luoghi comuni di stati d’animo analoghi a un panorama tanto vivo durante l’estate quanto irriconoscibile e deserto nei mesi invernali.
Quante volte in inverno ci siamo concessi delle lunghe passeggiate osservando la spiaggia?
Quante volte abbiamo percorso quella passerella arrivando a riva e godendoci solo lo scemare delle onde e il rombo della spuma?
Quante volte abbiamo ascoltato lo stridio triste dei gabbiani?
Enero en la playa” di Facto Delafé y las Flores Azules è la mia canzone di gennaio in assoluto.
Come molte cose che non si hanno sotto gli occhi quotidianamente, come il mare, ci si dimentica che esiste tranne quando arriva il gran caldo.
Gennaio è un mese bistrattato: è freddo, arriva dopo il dicembre natalizio, ha le giornate corte, lo si sopporta poco da sempre.
Ricordo che dalle suore, alle medie, ci facevano scrivere i temi e, una volta, per un compito mi inventai una storia sui mesi, ognuno con una sua personalità giocate sulle caratteristiche varie tipiche dei mesi, banali e stereotipate se vogliamo (infondo avevo nemmeno 12 anni) e li orchestravo arrivando a una conclusione che mi portò il mio primo 7. Forse fu da allora che mi appassionai alla scrittura, forse è solo quando si è bambini che l’immaginazione spazia e vola così alta che concede il lusso di raccontare ingenuamente qualunque cosa, ma quel 7 lo ricordo ancora, un ricordo caldo e sfocato in quell’aula fredda dalle pareti bicolori, la cartina geografica dell’Europa, il crocefisso, la foto del Presidente della Repubblica e un mobiletto in fondo alla classe.
Ascoltare “Enero en la playa” fa trascorrere gennaio un po’ meglio.
E poi racconta una storia, così come io scrissi quel tema.
È una storia sottile, molto spagnola (in un punto poi riprende il calcio, la Spagna non aveva ancora vinto il titolo europeo del 2008, molto prima del Mondiale del 2010 e l’altro Europeo del 2012), ma è calda nonostante le ultime strofe, sospese, cantino di una mattina fredda.
Non ricordo come la scoprii; stavo imparando lo spagnolo da autodidatta e ascoltavo qualunque cosa fosse in lingua, dai film alle canzoni. Credo fosse proprio durante una ricerca su Youtube che mi imbattei in questa canzone. Non ho mai seguito molto il gruppo (spagnoli di Barcellona, la cui musica spazia dal rock all’elettronica e i cui testi per la durezza si avvicinano all’hard-core), praticamente conosco solo questa canzone della loro produzione, ma questa è una di quelle canzoni eterne, di quelle che rimangono e che scaldano quando le si ascolta.
“Enero en la playa” è una poesia cantata.
Parte con queste due, tre note a pianoforte, tipo quando ti siedi davanti alla tastiera e improvvisi con i tasti quei due suoni che conosci e poi inizi a raccontare qualcosa, mettendo insieme frasi a caso apparentemente prive di un senso logico finale.
La storia è semplicissima e straordinaria, come spesso capita con le cose semplici: due persone che si amano nel letto, fa freddo e preferiscono rimanere lì, lui cerca di far riaddormentare lei canticchiando e immaginando panorami caldi e ciò che rende questa fantasia reale, con doviziosi particolari che portano direttamente a quel momento.
La potenza dell’immaginazione,
poche parole e nella mente si stampano fotografie di estati soporifere e lente e non ha importanza che siano recenti, spesso sono cassetti aperti di memorie lontane e forse proprio per questo nel rievocarle sembrano ancora più calde.
Parte semplice, evocativa, senza chissà quali preamboli, quasi fosse una frase interrotta o la continuazione di un discorso precedente.
E perdonate la traduzione, che è mia per quel che mi ricordo dello spagnolo.

Y tu piel es blanca como esta mañana de enero demasiado hermosa como para ir a trabajar.

E la tua pelle è bianca come questa mattina di gennaio troppo bella persino per andare a lavorare.

Sin pestañear hablamos con el jefe un cuento chino y, como niños, nos volvemos a acostar.

Senza batter ciglio parliamo con (letteralmente) il capo un racconto cinese e, come bambini, tornaniamo a coricarsi.

Se supone que debía ser fácil ¿tienes frío? pero a veces lo hago un poco difícil. Perdón. Suerte que tú ríes y no te enfadas porque eres más lista y menos egoísta que yo ¿todavía tienes frío?
si suppone sia facile.

Hai freddo? però a volte mi riesce difficile. Scusa. Fortuna che ridi e non ti arrabbi perché sei più bella e meno egoista di me. Hai ancora freddo?

(Poi il pezzo che sussurrato mi piace un vallo e dà proprio l’idea che inizi a raccontare una storia)

Bueno, cierra los ojos un minuto que te llevo a un lugar.

Bene, chiudi gli occhi un minuto che ti porto in un posto.

(E poi cambia ritmo e racconta)

Imagina una calita, yo te sirvo una clara. Es verano y luce el sol, es la costa catalana. Estamos tranquilos, como anestesiados. Después del gazpacho nos quedamos dormidos mirando el Tour de Francia en la típica etapa donde Lance gana imponiéndose al sprint con un segundo de ventaja en el último suspiro colgándose a sus hombros el maillot amarillo. De nuevo al chiringuito, un bañito, un helado de pistacho y un partido al futbolín. Lanzamos unos frisbis, jugamos a las cartas y acabamos cenando sardinas y ensalada. Bebemos, dorados. Hablamos, callados. La luna, la sal, tus labios mojados. Me entra la sed y pido una copa y españa se queda en cuartos en la Eurocopa.

Immagina una casetta, ti servo una clara (la nostra bicicletta tipo, birra e Schweppes al limone insieme). È estate e il sole splende, è la costa catalana. Siamo tranquilli, come anestetizzati. Dopo il gazpacho, ci riposiamo guardando il Tour de France e la tappa tipica nella quale vince Lance (Armstrong) con un secondo di vantaggio all’ultimo respiro mettendosi sulle spalle la maglia gialla. E ancora uno snack, un bagno, un gelato al pistacchio e un partita al biliardino. Lanciamo un freesbee, giochiamo a carte e finiamo di cenare con sardine e insalata. Beviamo, abbronzati. Parliamo, stiamo in silenzio. La luna, il sale, le tue labbra bagnate. Ho sete e mi prendo un bicchiere di vino e la Spagna si ferma ai quarti dell’Eurocoppa.

Pero nos da igual, hoy ganaremos el Mundial. Subimos a casa, hacemos el amor y sudamos tanto que nos deshidratamos. El tiempo se para, el aire no corre. Msquitos volando y grillos cantando y tú a mi lado muriendo de sueño. Cansada, contenta, me pides un cuento y yo te lo cuento, más bien me lo invento. Te explico que un niño cruzó el universo montado en un burro con alas de plata buscando una estrella llamada Renata que bailaba salsa con un asteroide llamado Julián Rodríguez de Malta. Malvado, engreído, traidor y forajido. Conocido bandido en la vía láctea por vender estrellas independientes a multinacionales semiespaciales. Y te duermes……

Però non ci interessa, oggi vinciamo il Mondiale. Saliamo in casa, facciamo l’amore e sudiamo così tanto che ci disidratiamo. Il tempo si ferma, non c’è aria. Le zanzare volano e i grilli cantano e tu al mio fianco che muori di sonno. Stanca, contenta, mi chiedi una favola e io te la racconto, o meglio me la invento. Ti spiego di un bambino che attraversa l’universo a cavallo di un asino dalle ali d’argento cercando una stella chiamata Renata che ballava la salsa con un asteroide chiamato Julian Rodriguez de Malta. Malvagio, presuntuoso, traditore e fuorilegge. Bandito conosciuto nella via lattea per vedere le stelle indipendenti alle multinazionali semi speciali. E tu dormi.

Vivan las noches. El sol, la sal en tus labios. (x5)

Vivi le notti. Il sole, il sale e le tue labbra.

Al principio, como siempre, dormimos abrazados y cuando ya suspiras me retiro a mi espacio. Me gusta dormir solo a tu lado de la cama, de esta cama ahora repleta de mantas en esta mañana fría, fría, fría, congelada, congelada.

All’inizio, come sempre, dormiamo abbracciati e quando già sospiri mi ritiro nel mio spazio. Mi piace dormire da solo su un lato del letto, di questo letto adesso pieno di coperte in questa mattina fredda, fredda, fredda, congelata, congelata.

Come sopra: due note al pianoforte e frasi che sembrano a caso.
Eppure è nei testi più improbabili che si trova un senso solo nostro.
E io, il mio, l’ho trovato in questa poesia cantata che mi fa trascorrere gennaio perché mi dà la sensazione che ogni giorno sia buono per ascoltarla e viverla.

Allora eccola: “Enero en la playa”, e chissà che per un momento ascoltandola non venga anche voi voglia di estate, di caldo, di una birra rinfrescante, osservando l’orizzonte di un mare cristallino su una spiaggia dorata.

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