La top five delle canzoni di Natale

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Ci sono canzoni che sarai costretto ad ascoltare anche senza il tuo volere: nei negozi, per le strade, nei supermercati, nei grandi magazzini. Cinque canzoni natalizie che sono fisse nei cd delle canzoni di natale. Cinque canzoni natalizie che, per fortuna, si sentono solo per due settimane all’anno. La top five delle canzoni di natale, più una traccia fantasma.

Dicembre è il mese del Natale. 

È un dato di fatto al quale non si può sfuggire.
Nel 2007 ebbi la strampalata idea di partire per una crociera; in dicembre la nave raggiunse le ultime tappe tra le Piccole Antille e le Bahamas e persino lì, gironzolando nella metà olandese di Saint Martin in infradito e pantaloncini, indossando una camicia con le maniche corte a quadri e berretto alla pescatore a schermare la luce negli occhi sotto un sole cocente,  osservavo le decorazioni natalizie classiche di casa e delle piazze delle città, come se non fossi dall’altra parte del mondo ma a casa, con l’unica differenza di sentirsi in estate. Tra le stradine ciottolate arse dall’umidità e dal mezzogiorno, tra vetrine con improbabili abeti e neve finta e musica che usciva dalle casse ad allietare turisti e bagnanti ne approfittai pure per comprare le palline per l’albero con la scritta “Nassau, Bahamas”: lo trovai un pensiero carino e oltremodo esotico. Mia madre la appende ancora, a cercarla, in questi alberi che col tempo iniziano a diventare una mappa dei ricordi e delle tappe della vita, la si nota ancora.
Ci si può anche sforzare di non pensarci, peccato poi che tutto e tutti lo sottolineano.
Nei supermercati il cui ingresso viene presentato sempre diverso tra festività ed eventi feriali riconosciuti c’è un’iperbole di colori e luccichii che fa tanto festa: panettoni, pandori e torroni vengono esposti su bancali che si estendono per metri quadri, lenticchie, cotechino e zampone adornano i cesti di vimini accompagnati da bottiglie di vino rosso e sughi in barattolo e le vetrine delle città si tuffano in installazioni e creatività per solleticare la curiosità e i soldini dei passanti.
In tutto questo contesto, la musica è uno dei componenti del Natale.
Quanti cantanti e gruppi hanno sfornato nuovi album per l’occasione! Ogni paese poi ha le sue tradizioni e la sua lingua, noi italiani intoniamo “Bianco Natale” anche se spesso soppiantato dalla sua versione inglese “Silent Night”  e nei miei ricordi di bambina “Tu scendi dalle stelle” era un classico da chiesa.
Gli americani, come in qualunque festa, ci hanno superato con scappellamento a destra, verrebbe da dire. Le loro decorazioni sono sfarzose, da concorso pure, il loro mercato discografico – e la capacità di rendere commerciale qualunque evento – è fortissimo e non ne è esente quello di ricreare uno spirito natalizio apparentemente buonista e che invece cela un ulteriore tentativo di vendere pure quello. Ne è un esempio il collettivo Band Air creato nel 1984 da Bob Geldof e Midge Ure (quello che cantava”Breathe”diventata famosissima nello spot della Swatch) che cantava “Do they know it’s christmas” per sensibilizzare la povertà in Etiopia. Che, trent’anni dopo, non è finita e non è poi cambiato molto, ma il tentativo di attirare l’attenzione su una problematica già all’epoca grave usando la propria fama è quasi sempre apprezzabile: in anni per altro pre internet non è nemmeno da dare per scontato che ci fosse più informazione di adesso, per cui il veicolo usato, una canzone con gli idoli degli anni ’80, era davvero un’ideona. Ci sono tutti i cantanti con i quali siamo cresciuti, dalle Bananarama a Sting ai Duran Duran a Paul Young a Boy George a Phil Collins a George Michael agli Spandau Ballet e persino Bono (che in età adulta prenderà sempre a cuore situazioni simili, forse anche esagerando alle volte). Ci sono un paio di versioni del video, tra le più visualizzate: la prima alterna alla registrazione in studio scene strazianti dei bambini africani; la seconda, al contrario, vede i cantanti sorridenti, contenti di vedersi, che si abbracciano un po’ insensibilmente e inconsapevolmente davanti al neon e al logo enjoy della Coca-Cola.

Ci hanno provato pure i Beach Boys, per fare un altro illustrissimo esempio, con il “Christmas album” la cui “Little Saint Nick” porta un po’ di sole americano mentre ci si immagina a fare surf cavalcando le onde con al collo come sciarpina un festone color oro.

Ci hanno provato e riprovato tantissimi altri: alcuni con maggiore successo, altri con flop incommensurabili.

Cinque canzoni natalizie che sono fisse nei cd delle canzoni di Natale. Cinque canzoni natalizie che, per fortuna, si sentono solo per due settimane all’anno. La top five delle canzoni di Natale, per me, più una traccia fantasma.

“Last Christmas”, Wham!

Ricordo che quando ero piccola, in quell’età nella quale si sta cercando di capire i perché, i comportamenti propri e degli altri e provando vari tentativi anche sbagliati e sbagliando nella ricerca della propria essenza, qualche segnale del mio anticonformismo avrebbe dovuto essere colto meglio come pericolo invece che annoverarlo tra gli incidenti di percorso ai quali non si da importanza. Così, quando in una caldissima estate a Rimini, una di quelle estati nelle quali esistevano ancora i juke-box nei bar della spiaggia e i giochini con le piste che facevano vincere e collezionare decine di biglie, io scelsi tra tutte le canzoni possibili e immaginabili hit del tempo – tra The Bros, The A-ha e Duran Duran -, inserendo la mia monetina da 50 lire, di premere il pulsante di “Last Christmas” degli Wham!.
Ricordo che chi era seduto sotto quella veranda alla ricerca di fresco e riparo dal sole agostano corrucciò lo sguardo e qualcuno si voltò pure cercando chi, in quella temperatura soffocante, aveva messo quella canzone che già all’epoca era catalogata come un classico natalizio. Credo di essermene vergognata, ma ricordo perfettamente che pensai che ci sono cose che sono eterne, i libri per esempio, ma soprattutto la musica.

A riguardare il video adesso, la sensazione che si ha è completamente differente da quando, bambinetti romantici e sognanti degli anni ’80, il faccione di George Michael ci inteneriva perché soffriva per un amore perso.
A riguardarlo adesso quasi non ha senso. Sì, vi siete lasciati, e allora? C’è un mucchio di gente che si prende e si lascia, perché voi dovreste essere speciali, a parte George Michael che era un gran figo? Sì, vi guardate ancora intensamente, e allora?
A riguardarlo adesso dio mio quanto ci bastava poco per cedere al fascino di un semplice sguardo che non ha bisogno di parole e di sfiorare una spilla che è l’oggetto scatenante di tutto il ricordo di un amore finito! Quanto ci bastava poco per sognare con piccoli e impercettibili gesti che racchiudevano l’universo!
C’era talmente tanto benessere che il romanticismo e il disagio inventato nel decennio successivo si collimava a un amore finito e una spilla che lo racchiudeva.
E finisce così, senza che facciano nulla per cui è ipotizzabile che possano tornare insieme, no no, fanno le loro vacanze, si guardano mielosamente, fanno l’albero di natale, fanno a pallate di neve, mangiano, bevono e ciao, ricordando un amore perso. Video come questo hanno rovinato la nostra generazione che ha creduto che il rammarico potesse essere una cosa tutto sommato accettabile, invece di insegnarci che dannazione!, se quella ti piace dai un cazzotto al tuo amichetto Andy e riprenditela schiaffandole la lingua in bocca.
Magari aspettarselo da George Michael che era comunque un ragazzo misurato (erano pur sempre gli anni ’80, il singolo è del 1984, e i valori di insegnamento erano alti e diversi) era forse troppo e poi perché all’epoca non sapevamo nemmeno cosa significasse la parola gay (o gli invertiti, o gli omosessuali, termini che si usavano allora), almeno io bambina di appena 9 anni non immaginavo proprio che esistessero modi di adulti così lontani da quello che stavo vivendo io. Sì, che ci fossero mondi fantastici sempre, ma che la vita avesse squarci di piani differenti a 9 anni proprio non potevo saperlo. Il video è un concentrato di concetto patinato delle vacanze di Natale sulla neve così di moda all’epoca: l’abbigliamento, le pettinature, le marche erano esattamente quelle e se sembrano oggi improbabili, ognuno di noi, nascosti in cassetti, ha album di foto di classe di cui ci si vergogna a mostrare, album testimoni di un periodo nel quale anche noi vestivamo così, e l’aspetto buffo è che ci sembrava normalissimo.
E nonostante siano passati quasi trent’anni, “Last Christmas”, ci piace ancora, ci piace ancora così tanto che non è Natale se non la ascoltiamo almeno una volta.

“All i want for Christmas is you”, Mariah Carrey.

Quando Mariah Carrey fece uscire un album natalizio, io per prima pensai che fosse arrivata alla frutta. È comune pensiero che quando un cantante arriva alla compilation del Natale, non ha più una cippa da cantare. Non potevo sbagliarmi di più, io e il mondo intero che la pensava come me.
È stato uno dei successi radiofonici più enormi di sempre e le sue canzoni, cioè tutto l’album, è di un bello che ammetto la mia incompetenza musicale. E lo so perché la mamma lo voleva e glielo ho regalato con il risultato che le canzoni di tutto l’album le ho quasi imparate a memoria.
Se poi penso che hanno solo vent’anni e pochissimo non è, allora sono riuscita a vivere in un’altra epoca prima di questa musica. Me ne devo convincere e sforzarmi nel ricordare come era prima, ma l’effetto è che sembra ci siano da sempre.
Il video poi è in perfetto stile Mariah: il suo sorriso è snervante, le sue pose sono studiate in ogni minima inclinazione di schiena e di culo, è vestita sempre di rosso, che sia la maglia di mohere o la tuta da sci non poteva mancare anche l’abitino da Babbo Natale.
Inoltre tutti gli elementi comunissimi e banali del Natale ci sono: la neve, le classiche case americane di ricca periferia, gli alberi giganti, le palline delle decorazioni bianche e rosse, un caminetto acceso, per non parlare poi dello sfruttamento di animali che prolifera in questo video. La Carrey con il suo sorrisetto a punta tiene in mano di tutto, dai coniglietti bianchi alla colomba bianca; ovviamente ci sono cani di grande e piccola taglia giusto per non farsi mancare niente e non sia mai che si parli di discriminazione anche razziale (uno, il dobermann è nero, l’altro è piccolo e bianco), ma quando arrivano anche le renne, be’, è il top.
La canzone si ascolta meglio quando si è indaffarati in cucina a preparare la cena o il pranzo del Natale tra i rumori dei fuochi e del forno o lo scoppiettio del soffritto, se poi ci mettiamo anche lo stappare il vino e il bicchiere rotto che cade accidentalmente, l’ascolto è perfetto. Guardare il video è una vostra scelta. In ogni caso, auguri.

“Let it snow”, Frank Sinatra.

È quella canzone che in tutti i film americani, in quelle belle commedie bianche e dove un gruppo di amici/conoscenti/familiari/amicidiamici eccetera le cui storie si intrecciano senza un perché apparente, viene sempre inserita nel montaggio (e nella colonna sonora) appena scende un fiocco di neve e la mattina di Natale ci si sveglia sotto un soffice e fresco mantello di neve. Gli americani, va a capire perché, sono sempre contenti quando si svegliano a meno 20 fuori e sono con la maglietta a manica corta o addirittura seminudi. Fa tanto Natale e, certo, non ci sarà scampo al suo ascolto.

“Jingle bell rock”, Bobby Helms.

Altro cavallo di battaglia delle compilation con l’albero di Natale in copertina è questa canzone del 1957. Che hanno rifatto e rifatto, da Kylie Minogue a Hilary Duff a, addirittura, Mina nel 2013: classicissimo.

“White Christmas”, Michael Bublé.

L’originale, o quantomeno la versione più famosa, è quella di Bing Crosby, il quale, quando la ascoltò per la prima volta, musicata per la colonna sonora del film “La taverna dell’allegria” del 1942, disse al compositore Irving Berlin che era “un’altra delle sue famose canzoni che fanno piangere”. È stato il singolo di Natale più venduto di tutti i tempi e, a tutt’oggi, rimane indelebile nelle classifiche delle canzoni di Natale. E non solo: fu lo stesso Bing Crosby che, inconsapevolmente, fu il precursore delle canzoni pop sul Natale. L’hanno cantata praticamente tutti, anche Laura Pausini, ma questa versione di Michael Bublé – nel link ricantata con Shania Twain nel 2017 – serve giusto a svecchiare un po’ questa sciocca classifica.

Traccia fantasma.

“Happy Xmas (war is over)” di John Lennon.

Con il tempo l’hanno intitolata “So this is Christmas” e l’hanno cantata un po’ tutti. Ma questa di John Lennon, scritta con Yoko Ono, nella parentesi “war is over” è l’ennesimo inno alla loro ideologia pacifista. E poi, comunque, è di John Lennon. Serve altro?

Buon Natale!

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