L’estate di San Martino

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A San Martino in Riparotta a Viserba di Rimini, la chiesa del borgo è decorata con i miei fumetti sulle colonne.

È con immenso orgoglio che annuncio la conclusione di un progetto grandioso, all’avanguardia in un paese di educazione cattolica che vede nella chiesa e in ciò che la “casa” chiesa viene visto come luogo di pace e redenzione, (ri)apre le porte all’iconografia e, nonostante ne dica la commissione di arti sacre, riporta il fumetto lì dove storicamente è nato.
la chiesa di San Martino in Riparotta continua attraverso il suo coraggioso parroco, Don Danilo, la sua lenta ristrutturazione.
La chiesa si trova a Viserba Monte, al centro di un piccolo nugolo di casette che ha nella parrocchia il suo faro; è lì che si svolgono le attività del paese più interessanti, ed è da lì che parrocchiani e non almeno una volta sono passati.
Così come in ogni più sperduto paesino marchigiano c’è un teatro aperto e funzionante, ognuno di noi ha anche una chiesa, se non nel cuore, quantomeno nella memoria.
In fondo, da una chiesa ci siamo passati tutti, dal catechismo alle cresime alle gite parrocchiali.
Questa chiesa, praticamente distrutta durante i bombardamenti della guerra viene progettata dall’Ingegnere Giuseppe Ferri, altro coraggioso, sulla base di ciò che era prima della guerra.
Rifarla uguale con le statue vicino l’obelisco era fatica (e soldi) ma il lavoro compiuto è emozionante.
Così come lo è per me ogni volta che percorro la statale che va verso Sant’arcangelo di Romagna, alla seconda uscita dopo quella della fiera nuova, quando il campanile color crema e salmone si staglia alto tra le casette, e io lo guardo sempre scorrere sulla destra. Quel campanile si vede anche dall’autostrada e per me è come guardare da lontano un luogo che si è amato, nel quale si è vissuto qualcosa di prezioso.
Come quando ne parlavo in studio con Vittorio Giardino che asseriva di considerarsi fortunato nella sua carriera per incontri e commissioni, anche io mi ritengo fortunata di aver avuto la possibilità di lavorare a questo progetto, la fortuna di aver lasciato qualcosa di mio nel mondo, qualcosa che chiunque può vedere, qualcosa che rimarrà nel tempo.
Questa cosa mi riempie di, davvero, immenso orgoglio.
Io, Don danilo e l’Ingegner Ferri ne faremo anche un libro, partendo dalle origini della chiesa, sul perché sia dedicata a San Martino e su ciò che è diventata. Scriverò la mia testimonianza di questo fantastico progetto e quando il libro sarà pronto, presumibilmente in estate, la parrocchia organizzerà una presentazione in chiesa.
Mia testimonianza che riporto ufficiosamente tra queste righe.

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Avendo otto colonne da riempire su tre lati, quattro a destra della navata centrale e quattro simmetricamente in quella di sinistra, abbiamo scelto di rappresentare due dei momenti della vita di un personaggio storico, realmente esistito, la cui importanza ha prodotto effetti leggendari molto simili a quelli di San Francesco.
Entrambi figli di persone all’epoca considerate benestanti, hanno poi scelto un’esistenza mistica e credente, avvicinandosi a ciò che poteva essere la vera essenza di quella che noi, oggi, persi in un mondo veloce e nel quale si può avere tutto, illusoriamente chiamiamo vita.
Martino era un giovanotto originario di una zona che oggi è geograficamente l’Ungheria, figlio di un militare, il quale, trascorrendo tutta la vita nell’esercito, ebbe come “pensione” proprietà terriere. Cresciuto nel culto di un futuro militare, non ne è esente, dedicando però tempo a letture e a un’erudizione che lo hanno poi contraddistinto anche negli anni di servizio. storici riportano che essendo “figlio d’arte”, fondamentalmente non è mai stato un fante che per primo si lanciava in battaglia, ma già, all’epoca del primo “miracolo”, era considerato tipo un superiore. Martino vestiva con abiti sì dati dall’esercito ma regali. Diversi storici riportano che, per altro, oltre a una gentilezza e bontà d’animo non proprio comuni in ambito militare, al contrario duro e molto cameratesco, preferiva la compagnia dei servi durante i pasti e non quelli dei compagni che spesso se ne risentivano.
Intorno ai diciassette, diciotto anni, quando, tornando da una ricognizione verso l’accampamento, alle sue porte, Martino vide un povero rivestito di pochi stracci accovacciato e tremante dal gelo pungente che aveva condizionato quell’inverno particolarmente greve. Mentre gli altri soldati cavalcavano verso il caldo riparo, Martino si fermò di fronte al vecchio e senza esitazione sfilò la spada e tagliò metà del suo mantello per darlo al povero.

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Gli storici riportano che ritornò per ultimo e fu deriso dai commilitoni che lo videro con il mantello sbrindellato malamente, ma fu quella notte che accadde l’evento.
Durante la notte, una luce abbagliò Martino che, svegliandosi, si ritrovò Gesù davanti avvolto nel suo mantello e che si rivelò essere il povero che aveva aiutato nel pomeriggio.
Abbiamo deciso di rappresentare, nelle prime quattro colonne, proprio questo episodio, il famoso taglio del mantello rivisto spesso negli affreschi del mantegna, di giotto e di tanti tanti altri pittori nel corso dei secoli.
Per le successive quattro colonne, invece, ci siamo soffermati sul vero passaggio di Martino alla vita ascetica.

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Martino aveva ventidue anni quando, ancora scosso da questa visione, il suo impellemte desiderio di lasciare l’esercito divenne ancora più potente.
Negli anni aveva continuato a erudirsi avvicinandosi sempre di più alla ricerca della pace interiore, arrivando persino a scegliere di battezzarsi poco prima del “donatium”.

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Secondo le leggi militari dell’epoca, era praticamente impossibile lasciare l’esercito in anticipo (a meno che non si morisse in battaglia), invogliati anche dal donatium che non era altro che una ricompensa per il servizio prestato. all’epoca fu addirittura un giovane cesare che imponeva un festeggiamento e dava i sacchetti di denari. Martino pensò che solo quello potesse essere il momento giusto per abbandonare la carriera militare, riconsegnando la spada.
Gli storici asseriscono che ci fu un dialogo tra Cesare e Martino, dialogo che costrinse poi Martino alla carcerazione, ma non si seppe mai cosa si dissero.
non si seppe mai se nel momento del rifiuto di Martino al donatium Cesare per schernirlo di fronte all’esercito urlò che martino sarebbe andato in battaglia l’indomani senza armi (e per questo imprigionato per impedirgli la fuga notturna) o se nel momento del rifiuto martino disse qualcosa a cesare avvertendolo che la battaglia del giorno dopo sarebbe stata massacrante e di non combattere.
Ciò che ci è stato tramandato è che Martino fu imprigionato e, quando all’alba si svolse la battaglia, i barbari inspiegabilmente si ritirarono e così i romani, evitando quel massacro predetto da martino, al quale ancora in cella fu attribuito il suo primo vero miracolo.
Ciò che so io è che di questo episodio ne ho disegnate due versioni, una fedele a ciò che il libro di Sulplicio racconta e una un po’ più romantica.
Io, Don Danilo e l’Ingegnere abbiamo scelto questa seconda versione.
L’idea celestiale che martino fosse spinto da qualcosa di più grande di lui ma che abbracciava, andando verso la battaglia e con la semplice pace del suo sguardo farla cessare, ci sembrò la soluzione migliore per accogliere i fedeli in chiesa ed evocandone una magia poco conosciuta.
Così, eccole qui, le mie otto colonne.

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Sapere che iniziano a esserci mini pellegrinaggi per vederele, mi rende ancora più orgogliosa.

Per questo motivo, sabato 17 maggio dalle 20 saremo lì, in chiesa, con ospiti e un coro gospel, per poterle ammirare ancora, e ancora.
E ne sono certa, la chiesa si vestirà a festa e, ancora una volta, sarà il faro luminoso del paese.

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7 Comments

  • Laurie Atwater

    Beautiful and meaningful. I go to St. Martin of Tours Episcopal Church in Kalamazoo, Michigan in the US and found your work via an article on Rome Reports. Would love to get a book of these works if you ever put one together. Contact me if you do!

    • mabelmorri

      Thank you so much, Laurie and sorry for being late with this answer (I was on holyday :) )
      Don Danilo, the priest of the St. Martin’s Church in Rimini, and Pino Ferri, the engineer who design the renovation of the church, are thinking of making a book. I will let ou know if they’ll succeed.
      All the best!
      mabel

      • Laurie Atwater

        Oh, how wonderful! Yes, please do let me know if they make a book. I love your drawings, and I love St. Martin!

  • Sei una talentuosissima artista, apprezzo alla grande il tuo lavoro e a breve acquisterò un tuo libro così alla prima occasione me lo farò autografare e ci faremo due chiacchiere. Ciao Litti.

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